La Pomi in finale
Sono le 23.30 di un mercoledì di maggio. Uscendo dal PalaRadi, nella calca, si colgono i nomi delle ragazze: Stevanovic, Tirozzi, Bianchini... Qualcuno si è attardato per l’abbuffata di selfie sul campo e alle porte degli spogliatoi. Si sente più d’uno chiedere: «Mamma, domani posso saltare scuola?».
Anche chi fosse arrivato con imperdonabile ritardo, magari chiedendosi che ci facessero tutte quelle macchine attorno alla Fiera, avrebbe già diverse spunti su cui riflettere: le giocatrici che si mettono in posa, le famiglie in tribuna, le bambine ad occhi sgranati... La Pomì ha portato qualcosa di nuovo in città, lo ha portato dai confini della provincia, senza rinnegare Casalmaggiore, eppure senza gelosie. Ha dato tutto e per questo ha ricevuto tanto in cambio.
Perciò non è né il momento né il luogo per fare paragoni con altri inquilini della Cremona (in senso più lato che si può) sportiva. Le tradizioni restano, anche se - intanto - iniziano a nascerne di nuove. Succede quando giovani campionesse, belle ragazze sorridenti e atlete modello, regalano lo spettacolo di partite strizzacuore e risultati senza precedenti, ed entrano nell’immaginario mitico di una generazione di piccole pallavoliste (sono centinaia) che nelle palestre di tutto il territorio si allenano sapendo - oggi - fino a quali altezze può volare il loro sogno. Perché se c’è una cosa che Tirozzi e compagne hanno dimostrato sul campo è che non è mai troppo. Certo Novara è davvero la più forte delle avversarie, ma anche la serie di semifinale contro Conegliano, sullo 0-2, sembrava persa. E anche la bella, dopo il terzo set, sembrava scappata di mano. Proprio a quel punto, però, quello che la Pomì Casalmaggiore è e che rappresenta oggi agli occhi della città ha fatto la differenza. Quando coach Mazzanti, nel momento in cui si decidevano la serie e l’accesso in Champions League (!), consigliava alle sue giocatrici: «adesso andate e pensate a divertirvi», portava nel cerchio magico del time out (Conegliano avanti 1-2 e 15-16 nel quarto set) lo spirito delle 4mila (3.912) anime rosa del PalaRadi. A loro la Pomì piaceva comunque, sognavano la vittoria, spingevano forte verso la finale, ma alla fine avrebbero comunque applaudito. E non per consolazione. Tutti loro erano lì per divertirsi come e con Tirozzi e compagne. E che differenza fa se conosci a memoria i punteggi delle ultime dieci annate delle rosa o se non hai mai visto una partita di volley dal vivo (magari perché hai quattro anni e sei lì con mamma e papà), se sai tutto di schemi e strategie o se ti importa solo che la palla cada nel campo di Conegliano? Zero. Zero divisioni. Dei tifosi del PalaFarina non ne va perso nemmeno uno, ma tanti si sono aggiunti. Non certo per salire sul carro. Perché, semplicemente, ci sono spettacoli che è proprio un peccato perdersi. Poi la voce gira....
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