il Raffaello dei violini
Animati da somma presunzione, ci permettiamo di coniare appositamente per lui una defizione, prendendo spunto da ciò che faceva Massimo Mila, uno dei maggiori musicologi del ventesimo secolo, famoso per i suoi neologismi: “Il Raffaello della liuteria”. Così potremmo definire questo maestro che più di tutti ha incarnato la perfezione nell’arte liutaria, la bellezza pura e apollinea delle forme, la raffinatezza nel dettaglio, la cura del particolare. E non è un caso che abbia costituito un modello per i più grandi liutai venuti dopo di lui, a partire da Antonio Stradivari, diventando un esempio assoluto e imprescindibile nella storia di quest’arte. Parliamo – a questo punto è evidente – di Nicolò Amati (nelle fonti si trova talvolta citato come Nicola, oppure come Niccolò), di cui domani, 3 settembre, si celebra il 420° della nascita, avvenuta a Cremona nel 1596. E’ un anniversario a cifra tonda un po’ sui generis, ce ne rendiamo conto, e tuttavia il “sublime Nicolò” (altro neologismo) andrebbe celebrato ogni anno, a prescidendere dalle ricorrenze e dagli appigli di calendario, tanto è stato importante per lo sviluppo della liuteria. E se gli strumenti più cari e contesi nelle aste internazionali sono quelli di Stradivari e Guarneri del Gesù, la figura di Nicolò rimane più significativa di quella dei due maestri oggi più popolari e iconici della liuteria.
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