ispirò l’insospettata passione per l’alchimia
“Io sono suo barbiere, suo chirurgo e suo speziale … La mia bottega è a quattro passi, tinta celeste, vetri impiombati con tre bacili sopra attaccati: v’è per insegna un occhio in mano: consilio manuque”. Così canta Figaro nel Barbiere di Siviglia che Giovanni Paisiello musicò nel 1782. Versi che paiono appropriati a introdurre una figura cremonese conosciuta solo per i suoi legami parentali: Baldassarre Monteverdi, padre del “divino” Claudio. In realtà nella Cremona del Cinquecento Baldassarre fu uomo dotato di una spiccata personalità, come speziale, poi come cerusico, infine come chirurgo, con una crescita progressiva in prestigio e riconoscimento. Egli è indicato nei documenti come abitante nella vicinia di S. Nazaro, specificamente nel quarterio Plazonorum, quartiere Piazono, una delle quattro contrade che, come attesta la descrizione urbanistica del manoscritto di Domenico Bordigallo (Cremonae urbis syti designum, 1515), costituivano la vicinia stessa. Nel 1576 un censimento annonario, volto a stabilire il numero dei componenti di ogni nucleo familiare della città al fine di stabilire la quantità di grano di cui ciascuno di essi avrebbe dovuto disporre, Baldassarre viene citato come Magister Baldesar de Monte verdij specijaro, con l’insolita grafia che, sezionando due elementi del cognome, ne mette in risalto la significatività etimologica. La qualifica “speciaro” permette di dedurre che Baldassarre era iscritto alla Matricola (il moderno albo professionale) della Corporazione, dal momento che senza tale adesione, secondo quanto disposto dagli Statuti della categoria, egli non avrebbe potuto esercitare l’attività. Sempre nel 1576 un documento indica che Baldassarre “ha una casa con due occhi di botega (nella quale fa fare la spetiaria) nella vesinanza di S.to Nazaro”, proponendolo come una sorta di imprenditore che preparava e faceva preparare nella bottega-laboratorio, tutt’uno con la casa, i medicamenti con le sostanze di origine naturale lì conservate....
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