e mescolandosi nella memoria del grande poeta
In questo mese, in cui cade il quarantesimo anniversario dello spegnersi della ineffabile voce poetica di Eugenio Montale (era il 12 settembre 1981), non poteva mancare la testimonianza che in realtà quella voce non si è certo spenta con la morte del poeta, ma continua a lanciare i suoi intensi messaggi. Ci piace, ancora una volta, rintracciarli seguendo il percorso dei suoi ‘colloqui’ con le sue muse ispiratrici, una delle quali, Maria Luisa Spaziani - la Volpe -, chi scrive ha direttamente conosciuto (e avuta ospite) in occasione delle manifestazioni cremonesi organizzate nell’autunno del 1996 per il centenario della nascita del grande poeta: una testimonianza diretta.
ESTERINA, PAOLA NICOLI, ANNETTA-ARLETTA
Fin dalla prima raccolta poetica montaliana, gli Ossi di Seppia, pubblicati in prima edizione nel 1925, appaiono chiare le due direzioni lungo le quali si sviluppa sia questa sia la futura poesia di Montale: da un lato la coscienza di una realtà transeunte, in cui le certezze, le credute verità universali sono poste in dubbio e, più tardi, demistificate mediante l’ironia; dall’altro la presenza di un’interlocutrice-ispiratrice, una “musa” che varia attraverso il tempo e fa da contraltare alla tragica realtà, assumendo di volta in volta funzioni diverse. Una musa che se può anche apparire la conferma del pessimismo montaliano, come la protagonista del “Carnevale di Gerti”, in genere, invece, si manifesta nella sua funzione salvifica, ora in senso soggettivo, come salvezza di sé quando per gli altri non c’è possibilità di scampo, ora in senso oggettivo, come salvezza o speranza di salvezza anche per il poeta e per gli altri.
Le interlocutrici di Montale, a cui egli si rivolge con il “tu” in un dialogo-monologo sempre intenso, hanno una loro reale identità, ma ciascuna è proiettata in una dimensione assoluta, atemporale, e illuminata da una luce che ne trasfigura la fisicità, cristallizzandola in senso emblematico.....
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