un duro colpo al portafogli
in crisi anche le case di riposo
Negli ultimi anni, a fronte di una costante impennata delle quote a carico dei parenti dei degenti, le liste d’attesa si stanno assottigliando e, quando è possibile, si ricorre all’assistenza domiciliare integrata e alle badanti. D’altro canto, il ricovero nelle case di riposo e Rsa (residenze socio-assistenziali) garantisce un livello di assistenza costante, professionale e di qualità. Ma costa troppo. Quest’anno, in alcune strutture, ci saranno incrementi nell’ordine di 75 euro al mese: è il caso di Sospiro. Mantenere un anziano in una struttura assistenziale pesa sul bilancio familiare in maniera quasi insostenibile, a maggior ragione se si tratta di una persona non autosufficiente o con patologie gravi. La pensione non basta più. Il grido d’allarme è lanciato anche dai sindacati: con il blocco della rivalutazione delle pensioni, sei milioni di persone nel biennio 2012-2013 si ritroveranno con 1.135 euro in meno. Ad aggravare la situazione, l’inflazione al galoppo, l’Iva in aumento, l’Imu. Non solo per le famiglie, ma anche per le case di riposo, spesso in balia della mancanza di chiarezza da parte dei poteri centrali.
La situazione è complessa e presenta un risvolto della medaglia: le stesse fondazioni stanno soffrendo. È un grido d’allarme generalizzato. I problemi delle singole realtà, legati a caratteristiche storiche, strutturali e territoriali, si sommano alla crisi economica, ai tagli del governo che ricadono sulle Regioni e sull’intero comparto socio-sanitario.
È il cane che si morde la coda: molte strutture si sono impegnate in spese onerose e investimenti, tra cui la Fondazione ‘Zucchi Falcina’ di Soresina, per continuare a soddisfare gli standard regionali di accreditamento. Ora hanno mutui da estinguere che pesano sul bilancio. Per contro, il sistema di remunerazione da parte di Regione Lombardia continua a risultare insufficiente, poiché il Pirellone non adegua i finanziamenti al tasso d’inflazione crescente. Si origina così una discrepanza tra il continuo aumento dei costi a carico delle strutture e la quota sociale concessa dalla Regione.
Mediamente, nel periodo 2003-2011, l’incremento delle tariffe regionali è stato del 5,8% a fronte di un aumento del tasso di inflazione del 19,9% e, da un paio d’anni a questa parte, la Regione ha stabilito un budget corrispondente al 98% della spesa dell’anno precedente. Regione Lombardia dovrebbe sostenere il 50% del costo per la cura dell’anziano, equivalente al costo sanitario, mentre quello alberghiero è a carico del paziente con la retta. Ma, attualmente, la quota regionale arriva a coprire circa il 40%, sbilanciando il peso economico sulle spalle delle famiglie.
Per sanare la forbice, spesso le Fondazioni sono costrette a ricorrere al ‘ritocchino’ della retta. Un male necessario, in sostanza, che comunque non corrisponde mai al livello dei rincari. Si tratta, infatti, di aumenti nell’ordine di un euro al giorno, con qualche picco di 2,50 euro, come nel caso di Sospiro. Alcune strutture hanno mantenuto immutate le rette per anni, ora non ce la fanno più.
L’efficienza gestionale è inficiata anche dall’insostenibile peso della burocrazia, che assorbe buona parte delle risorse economiche destinate al sistema delle Rsa. Si arriva così a una riduzione delle risorse destinate all’effettiva erogazione dei servizi. Con buona pace dei portafogli delle famiglie.
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