Oltre duecento aziende metalmeccaniche, lo scorso anno, in provincia di Cremona, hanno fatto ricorso agli ammortizzatori sociali, otto di queste hanno chiuso definitivamente e 203 sono le persone che hanno perso il posto di lavoro. E per il 2014 potrebbe essere anche peggio. E' la fotografia, molto dettagliata, scattata da Omar Cattaneo, Segretario Generale Fim Cisl Asse del Po, ad uno dei settori dell'industria che più ha accusato i morsi della crisi di questi anni.
«E’ d’obbligo rabbrividire con questi dati che sono in continua evoluzione – dichiara Cattaneo - poiché stanno ancora arrivando accordi di crisi, ma il 2014 deve essere l’anno non di come fare, ma solo ed esclusivamente del fare».
E il quadro fornito dai numeri non lascia spazio a dubbi sulla gravità della situazione: se nel 2012 196 aziende hanno ricorso agli ammortizzatori sociali, nel 2013 si parla di 236 nel settore metalmeccanico. Se nel 2012 ci sono state 4 procedure di mobilità, nel 2013 il numero passa a 11 ed i contratti di solidarietà passano da uno nel 2012 a 4 nel 2013.
Gli ammortizzatori sociali hanno coinvolto 4568 lavoratori, contro i 4176 del 2012. 56 sono le richieste di cassa integrazione ordinaria, 9 di cassa integrazione straordinaria e 171 le richieste di cassa in deroga.
«Dati che fanno riflettere – aggiunge Cattaneo - e che non lasciano scampo ad un continuo declino del settore soprattutto fra le aziende, quelle piccole, che rappresentano la percentuale più alta del tessuto metalmeccanico».
Analizzando la nostra provincia nelle macro aree emerge il quadro seguente.
CREMONA
72 aziende hanno richiesto ammortizzatori sociali di cui 2 hanno chiuso
1 contratto di solidarietà
2 procedure di mobilità
1889 lavoratori coinvolti di cui 39 hanno perso il posto di lavoro
537 settimane di cassa integrazione richieste
114.415 ore di cassa integrazione in deroga richieste
CREMA
109 aziende hanno chiesto utilizzo di ammortizzatori sociali di cui 5 hanno chiuso
2 contratti di solidarietà
7 procedure di mobilità
1942 lavoratori coinvolti di cui 157 hanno perso il posto di lavoro
992 settimane di cassa integrazione richieste
354.009 ore di cassa in deroga richieste
CASTELLEONE
35 aziende hanno chiesto utilizzo di ammortizzatori sociali di cui 1 ha chiuso
1 contratto di solidarietà
1 mobilità
214 lavoratori coinvolti di cui 6 hanno perso il posto di lavoro
96 settimane di cassa integrazione richieste
117.190 ore di cassa in deroga richieste
CASALMAGGIORE
20 aziende hanno chiesto utilizzo di ammortizzatori sociali
1 procedura di mobilità
376 lavoratori coinvolti di cui 1 ha perso il posto di lavoro
330 settimane di cassa integrazione richiesta
58.970 ore di cassa in deroga richiesta
Il commento di Omar Cattaneo
Si è chiuso un altro anno dove il settore metalmeccanico nella nostra provincia segna il passo e prosegue nella lunga crisi iniziata un lustro fa. Sempre più si è in difficoltà e sono ridotte ai minimi termini le aziende in grado di rinnovare contratti aziendali in scadenza a condizioni normali, senza cioè chiedere sacrifici ai lavoratori per mantenere stabilità, in primis occupazionale. Ciò alimenta un continuo malcontento fra i lavoratori stretti fra il rischio occupazionale ed una retribuzione che sempre meno è in grado di garantire loro un soddisfacente tenore di vita. E’ impensabile continuare in questo modo; più passa il tempo e più ci si rende conto che sono state spese tante parole ai vari livelli, ma risultati che abbiano creato un inversione di tendenza non sono mai arrivati.
Per il sindacato sono anni difficili, poiché spesso le diverse situazioni che nascono e gli strumenti a disposizione fanno vivere momenti di inadeguatezza e di sempre più difficile capacità di soddisfare le richieste dei lavoratori.
Si cerca di fare e di dare il massimo, ma purtroppo gli sforzi profusi non portano al risultato sperato: la soddisfazione dei lavoratori. Si deve affrontare l’anno nuovo con stimoli diversi, ma soprattutto con modalità diverse; il sindacato deve essere in grado di elaborare proposte alternative, confrontarsi con le aziende per salvaguardare dinamiche e politiche industriali di prospettiva e non fermarsi a individuare soluzioni tampone, deve avere la capacità di non attendere esclusivamente soluzioni nazionali, ma promuovere iniziative che siano di beneficio per i lavoratori ed il territorio locale con accordi a 360° con le imprese. Imprese e sindacato non devono più lavorare l’uno contro l’altro, ma come soggetti che insieme collaborano per il miglioramento delle dinamiche produttive ed organizzative. Forse è necessario ripensare insieme il modo di agire, condividere i traguardi da raggiungere e le strade da percorrere per raggiungerli. Non ci si può più permettere di scrivere l’agenda dei buoni intenti e propositi, ma insieme si devono scrivere le nuove azioni per il rilancio del territorio e perseguirle. Se da un lato il sindacato deve riappropriarsi del proprio ruolo e della credibilità fra i lavoratori, dall’altro gli imprenditori hanno il dovere di essere coerenti non esclusivamente con il mercato, ma coerenti con il ruolo sociale che devono al rischio d’impresa.
E’ inutile continuare a piangersi addosso è il tempo di reagire con scelte strategiche coerenti con la realtà del mondo del lavoro; non ci devono essere né vinti né vincitori, ma attori protagonisti del rilancio della società, che si fonda innanzitutto sul lavoro. Il lavoro che crea dignità, inclusione sociale e non esclusione, che garantisce solidità e non aleatorietà, appagamento e non frustrazione.
Non è più una scommessa che si deve affrontare, ma un impegno che deve essere promosso da tutti. I sacrifici sono stati fatti, ora si può chiedere sforzo a fronte di impegni concreti e comuni.
© Riproduzione riservata
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