Dal mese scorso, grazie all’Istituto superiore di sanità, è consultabile una prima mappa di ospedali e consultori dove è possibile praticare l’interruzione di gravidanza. Un prospetto aggiornato che, in parte, compensa il ritardo del Ministero nella sua relazione annuale. Solo nello scorso novembre, infatti, sono stati presentati i dati del 2022. Vittoria Loffi, consigliera comunale radicale (gruppo Pd) e segretaria dell’Associazione radicale “Fabiano Antoniani” di Cremona, da anni si occupa delle difficoltà delle donne ad usufruire della 194, vi trova però un dato che manca. «Nell’elenco delle strutture abilitate all’interruzione della gravidanza dalle 8 alle 12 settimane quindi anche quella farmacologica – spiega – non è presente il dato sull’obiezione di coscienza dei medici. Cosa significa? Che la persona interessata sa che il servizio le è garantito, ma non sa come. Ad esempio, se in un ospedale o in un consultorio c’è un solo ginecologo non obiettore su tutto il personale, i tempi dell’intervento si dilatano in modo notevole con il rischio di mettere a rischio i tempi stretti previsti dalla legge. Siamo l’unico Paese, inoltre, dove è prevista l’obbligo di riflessione di una settimana dopo aver ricevuto l’autorizzazione all’aborto. Teniamo anche conto, nel computo delle settimane, che non è sempre facile accorgersi della gravidanza all’inizio. Sottolineo che la tempistica della 194 è tra le più stringenti in Europa».
Chi può preparare il certificato di autorizzazione?
«Per legge può autorizzare il medico di base, un ginecologo o un medico che lavora in un Consultorio che può presentarsi, però, come obiettore di coscienza. Qui ci si scontra con la particolare situazione in Regione Lombardia dove c’è un dislivello numerico tra Consultori pubblici e Privati convenzionati. Molti dei Privati hanno una connotazione religiosa quindi di interruzione della gravidanza non se ne parla. Nei fatti, di fronte a una legge che ha tempistiche rigide, il rischio è di peregrinare da una struttura all’altra prima per avere l’autorizzazione, poi per l’intervento. C’è infatti un altro aspetto: non è detto che chi autorizza l’Ivg possa poi garantire anche l’intervento. Nonostante esista una circolare del 2020 dell’allora ministro Speranza, ci sono Consultori pubblici che garantiscono il certificato, ma non l’aborto farmacologico perché non sono organizzati per farlo. La circolare di Speranza non era vincolante, doveva essere recepita dalle Regioni con delle linee di indirizzo. Ma Regione Lombardia si è guardata bene dal farlo, per cui i Consultori possono non garantire questo servizio presso la loro struttura»...
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