Mentre prosegue il dibattito sul Decreto legge con cui il Consiglio dei Ministri ha eliminato il limite a due mandati per i sindaci dei comuni con un numero di abitanti che va da 5.000 a 15mila, portandolo a tre, e che elimina ogni limite per i Comuni al di sotto dei 5mila residenti, le opinioni della politica sono sempre divise. A caldeggiare le proposte, insieme alla Lega delle Autonomie, è stata Anci (Associazione nazionale comuni italiani), in quanto «questa scelta va nella direzione di una riduzione del rischio di avere comuni scoperti dalle candidature», sottolinea Michel Marchi, rappresentante cremonese dell’associazione e attuale sindaco di Gerre de’ Caprioli. «Questo vale soprattutto per i comuni sotto i 5mila abitanti, per i quali la nuova legge prevede candidature illimitate. Il passaggio che invece introduce il terzo mandato per le comunità fino ai 15mila è entrato all’interno delle contrattazioni politiche».
Insomma, un provvedimento con luci ed ombre: «Il mio personale parere è che sicuramente ci poteva stare una rivisitazione delle regole, sebbene non avrei dato la carica di doge ai sindaci sotto i 5mila», sostiene, con una battuta, Marchi. «Che sia difficile fare il sindaco perché ci sono leggi folli è vero, ma renderli incarichi perpetui mi sembra eccessivo». Soprattutto considerando che per quegli stessi Comuni «l’introduzione del terzo mandato non è un provvedimento vecchio, e si sarebbe potuti continuare in questa direzione». Anche perché il dibattito si sposta ora su un altro fronte: «Molti si chiedono perché i primi cittadini siano gli unici organi politici senza limiti di mandato».
Del resto il problema della carenza di candidati è annoso: basti pensare in quanti Comuni del territorio negli ultimi anni siano state sempre più frequenti le (...).
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