Era il settembre del 2019 quando, nello storico reparto montaggio della sede in via Massarotti, Ocrim ospitava la 9ª edizione di “GRANO, FARINA, E...”, raccogliendo lungo una tavolata di 70 metri oltre 200 ospiti da tutto il mondo. L’esplosione della pandemia, alla fine del febbraio de 2020, ha impedito l’organizzazione di qualunque altro evento in presenza. Ma il 16 e 17 settembre, a distanza di tre anni, l’azienda torna a riunione a Cremona i suoi clienti, oltre 150 persone. Un segno di fiducia importante, ancora più significativo se consideriamo il momento storico così travagliato in cui ci troviamo, fra crisi energetica, inflazione alle stelle, costi delle materie prime in impennata e una guerra che ha sconvolto l’ordine mondiale, moltiplicando i fattori di incertezza e instabilità su scala globale. Proprio in questi giorni si è tornati a parlare del grano, utilizzato anch’esso come arma, insieme al gas e al petrolio, in questa contesa che vede l’Europa al centro della tempesta. Ne abbiamo discusso con Alberto Antolini, CEO di Ocrim, incontrato in azienda, partendo proprio da questo nuovo evento che vede Cremona ancora protagonista. Un’occasione propizia anche per riflettere sulla situazione attuale. Ocrim - ci spiega il manager - ha risentito solo in minima parte dell’emergenza legata al Covid, potendo contare su un portafoglio ordini pianificato per tempo. «Le difficoltà maggiori - spiega Antolini - sono state nella logistica e nella gestione del personale». Proprio nel 2021, ancora in piena pandemia, l’azienda ha completato il “Milling Hub”, un complesso ideato e realizzato insieme a Bonifiche Ferraresi, al cui interno opera un primo molino con una capacità di macinazione di 150 tonnellate al giorno. Anche questo grande investimento rappresenta al meglio la visione strategica di Ocrim: puntare sul valore aggiunto del made in Italy mettendo a fattore comune le risorse del sistema-Paese. Tuttavia - spiega Antolini - questi due anni all’insegna della pandemia e, oggi, della guerra in Ucraina «devono averci insegnato qualcosa». E cioè che ogni Paese - Italia compresa - non può essere completamente dipendente dagli altri per i propri bisogni. Per l’energia, come per il grano, una quota di autosufficienza risulta imprescindibile. Il Covid, come la guerra, ci hanno infatti mostrato tutta la nostra fragilità e tutti i limiti della globalizzazione...
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