Il 4 febbraio è la Giornata mondiale contro il Cancro (World Cancer Day). Quest’anno sarà il primo dedicato alla campagna “Close the care Gap”, finalizzata a rendere screening e cure sempre più accessibili alla popolazione, penalizzata dalle disuguaglianze e dall’onda lunga della pandemia. L’U.O. di Oncologia dell’Asst Cremona riconferma l’impegno a favore della prevenzione e dell’accessibilità alle cure: l’anno appena concluso segna forse più di altri un cambio di passo al fine di rendere l’assistenza medica e sanitaria più vicina ai pazienti oncologici e alle loro famiglie.
2021 A PIENO REGIME
«Nel 2021 l’U.O.di Oncologia – afferma il direttore Rodolfo Passalacqua - ha registrato un totale di 680 primi accessi, dalle prime visite alle prestazioni ambulatoriali. Un dato in recupero sull’anno precedente, in cui l’intero sistema sanitario è stato messo in crisi dalla pandemia: nel 2020 i primi accessi sono stati 590, quasi duecento in meno rispetto al periodo pre-covid». Nonostante le difficoltà portate dalla pandemia, nel 2021 sono state erogate circa 18 mila prestazioni tra visite, follow-up, terapie orali e sottocute. Tra queste, 6mila per via endovenosa (chemioterapia).
«Abbiamo lavorato a pieno regime – commenta Bruno Perrucci, direttore vicario del reparto – cercando nei limiti del possibile di mantenere le attività ambulatoriali, garantire le visite di controllo e la continuità delle terapie». Buona parte di queste sono state effettuate a domicilio: «in caso di pazienti positivi al Covid-19 o persone particolarmente fragili, è stato possibile cambiare la modalità di cura: le terapie di nuova generazione (orali e sottocutanee) consentono al paziente di mantenere una discreta qualità di vita e ridurre la frequenza degli accessi in ospedale».
ONCOHOME: 97 PERSONE CURATE A CASA
Lo sviluppo della terapia domiciliare rappresenta una svolta per la cura dei pazienti oncologici: nel 2021 ha preso il via il progetto Oncohome, per consentire ai pazienti di effettuare le cure oncologiche a domicilio, contando sull’assistenza di medici e operatori sanitari. Come sottolinea Perrucci, «Si tratta di una procedura sperimentale, forse tra le prime in Italia: l’iniziativa promossa dall’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano è stata sviluppata con Asst Cremona e l’IRCCS Ospedale San Raffaele».
Tra Gennaio e luglio 2021 l’Asst Cremona ha preso in carico 97 persone, la maggior parte con una patologia tumorale in stadio avanzato, trattata con terapia orale. Telemedicina, invio di farmaci e visite domiciliari sono parte dell’assistenza garantita ai pazienti, affidati ad operatori sanitari specializzati. «La possibilità di raggiungerli a casa e monitorare il loro percorso aiuta a evitare ricoveri inappropriati, oltre a ridurre gli accessi in pronto soccorso per persone già fragili», spiega Giovanna Pogliacomi, infermiera assegnata al day hospital oncologico. «Entrare in casa delle persone non è facile: ti confronti con situazioni complesse, in cui c’è bisogno di assistenza sotto diversi punti di vista. Occorre entrare in punta di piedi, essere accettati e capire le esigenze delle persone che vivono quella situazione, per cercare di aiutarle in modo adeguato». La risposta da parte di chi accoglie gli operatori è positiva: «Si crea un clima di fiducia, basato sul contatto costante. I pazienti si sentono ancora più seguiti, e questo influisce molto sulla gestione e percezione della malattia. Per loro non sono un’infermiera: sono Giovanna. Nonostante la divisa bianca mi sono sempre sentita accolta, come se fossi parte della famiglia».
CANCRO: “UNA PROVA ESISTENZIALE”
Quando si parla di tumore, le ricadute psicologiche sono tra gli aspetti cruciali e forse spesso sottovalutati. «Il cancro rappresenta sempre una prova esistenziale sconvolgente», spiega Jessica Saleri, (psicologa, U.O.Oncologia). Riguarda tutti gli aspetti della vita: il rapporto con il proprio corpo, il significato dato alla sofferenza, alla malattia e alla morte, così come le relazioni famigliari, sociali o professionali». Da quindici anni, l’UO di Oncologia offre assistenza psicologica ai pazienti (in regime ambulatoriale e di ricovero) e ai familiari, dal momento della diagnosi e della malattia fino all’eventuale decesso. «La parola “cancro” fa ancora molta paura – prosegue Saleri - Per comunicare occorre essere pronti in due: operatore e paziente. Solo così può esserci fiducia ed empatia».
Tra i “nodi” più complessi da sciogliere, c’è il silenzio, inteso come la difficoltà di comunicare o affrontare una brutta notizia: «Il non-detto si può evitare creando dall’inizio una buona relazione orientata all’ascolto del paziente. Oltre alle parole occorre ascoltare i suoi tempi, le sue emozioni, conoscere la sua storia e comprendere il suo modo di reagire alla malattia». Il tempo è un altro fattore importante, necessario a metabolizzare la notizia: «va sempre rispettato – sottolinea la psicologa - e può non coincidere con quello dell’operatore. Serve equilibrio tra onestà e speranza, che non va mai negata. Saleri suggerisce di «parlare e parlarne, per condividere dubbi paure con l’équipe curante. Il paziente e la sua famiglia devono sapere di non essere soli».
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