Ad accomunare l'andamento generale di due importantissime filiere della zootecnia italiana, carne e latte bovini, è la difficoltà economica che perdura tra il 2013 e il 2014. Un dato comune negativo, anche se con gradazioni molto diverse,che emerge dal "Rapporto latte" e dal "Rapporto carne"presentati al Ministero delle Politiche agricole dal professor Renato Pieri e dal professor Daniele Rama della Smea – Alta Scuola di Management ed Economia Agro-alimentare dell'Università Cattolica. Da anni i Rapporti, realizzati dall’Osservatorio sul Mercato dei Prodotti Zootecnici (OMPZ) di Cremona, in collaborazione con l'Associazione italiana allevatori, apportano informazioni molto attese dalla filiera zootecnica.
La filiera del latte risente della crisi economica
Dopo un 2013 piuttosto vivace, sull’onda delle dinamiche internazionali, il 2014 è stato un anno complessivamente “difficile” per il settore lattiero-caseario nazionale. Nel 2013, le aziende di allevamento hanno ricevuto una boccata d’ossigeno grazie abuoni livelli di remunerazione alla stalla: il prezzo del latte è risultato sostenuto da una domanda mondiale di latte e derivati superiore a un’offerta minata da avversità climatiche. Con la primavera del 2014, per contro, un eccesso di offerta e, successivamente, la chiusura del mercato russo, hanno provocato una netta riduzione dei prezzi, solo in parte alleviata dalla flessione dei listini delle materie prime per l’alimentazione zootecnica.
Dall'altro lato, la filieraha continuato ad accusare il rimbalzo negativo della crisi economica che ha profondamente mutato le abitudini di consumo degli italiani, imponendo una crescente attenzione alla variabile prezzo e ha, di fatto, inibito la capacità produttiva e la propensione agli investimenti delle imprese di trasformazione.
Una nota positiva ha continuato ad essere rappresentata dall’export: nel 2013 il made in Italy caseario venduto all’estero ha superato i 2,2 miliardi di euro e il saldo della bilancia commerciale per i formaggi è risultato attivo – per il quinto anno consecutivo – per un valore di oltre 245 milioni di euro. I dati disponibili per il primo semestre del 2014 confermano la performance positiva. I formaggi italiani hanno messo a segno risultati molto buoni su tutti i mercati di sbocco tradizionali (Francia, Germania e Regno Unito) e su alcuni mercati in accelerazione dell’Est Europa (Russia prima del blocco, ma anche Slovenia e Polonia); la debolezza dell’euro ha anche consentito, nel 2014, una ripresa delle spedizioni verso gli Stati Uniti.
Carne in difficoltà, ma si riducono le importazioni
L’analisi dei dati e degli andamenti che nel corso del 2013 e del 2014 hanno caratterizzato il comparto della carne bovina mettono in risalto alcune difficoltà. Le quantità ai prezzi base prodotte dai nostri allevamenti calano nel 2013 del 4,5%, facendo seguito al 3,2% del 2012, e le indicazioni parziali per il 2014 sembrano confermare queste tendenze. Ma mentre nel 2012 il valore della produzione era salito del 3,8%, nel 2013 al calo produttivo si assomma una variazione negativa dei prezzi, cosicché il valore che ne risulta si contrae del 5,8%.
Anche dal lato dei consumi le indicazioni non sono positive: fino ad agosto 2014 emerge un calo della domanda superiore al 5%, particolarmente severo nel Nord Ovest e nel Sud.
L’unico aspetto positivo del calo della domanda è che, sul fronte del commercio estero il 2013 e il primo semestre del 2014 mostrano un deficit in valore della bilancia commerciale per i bovini vivi e le carni bovine in diminuzione: su base annua il calo del 2013 è del 6,2%, attestandosi a poco meno di 2,6 miliardi di euro. Desta però preoccupazione la crescita della quota di importazioni di carni fresche e refrigerate, a discapito dei capi vivi, poiché comporta un ulteriore impoverimento della nostra zootecnia da carne.
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