Dieci gioielli storici
per una musica nuova
Tra Sette e Ottocento si composero veri e propri manuali di istruzioni per l’ammodernamento degli strumenti ad arco. Il manico più sottile e più lungo e inclinato per aumentare lo spazio per la diteggiatura sulle corde e ampliare l’espressività dello strumento. Nel percorso della mostra “Monteverdi e Caravaggio. Sonar stromenti e figurar la musica” questo passaggio è testimoniato dalla presenza di alcuni strumenti antichi “scampati” agli adattamenti come la splendida viola tenore realizzata da Gasparo da Salò prima del 1609, e dalle ricostruzioni delle scuole di liuteria che consentono un confronto diretto tra gli originali “modificati” e le ricostruzioni filologiche.
Non si tratta tuttavia di vezzi estetici legati a mode passeggere, ma è la necessità di adeguare le forme degli strumenti ad un repertorio nuovo e sorprendente, sempre più curioso di esplorare le infinite sfumature dell’animo e del sentimento. Ed è proprio questa ricerca di espressione che ispira a Claudio Monteverdi un’opera come l’Orfeo che scuote la sua epoca e getta le basi per una scrittura musicale dalle potenzialità inesplorate, rese possibili da una polifonia assolutamente inedita, sintetizzata nell’elenco degli strumenti dell’orchestra indicati nella partitura e ricostruito fisicamente grazie ad un minuzioso lavoro di ricerca dai curatori della mostra al Museo del Violino. “Dieci Viole da brazzo. Duoi Violini piccoli alla Francese...” Nell’elenco degli strumenti emergono gli archi da braccio: non c’è il liuto, strumento cinquecentesco per eccellenza, gli archi da gamba cedono il passo. E’ l’inizio della meravigliosa rivoluzione barocca...
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