con il nobile Ludovico Picenardi. Tra storia e “invenzione”
Fra Cristoforo è nominato dal Manzoni come ‘fra Cristoforo da …’ . Manca, cioè, nella stesura ultima del romanzo, la designazione del luogo di origine, sostituita dai puntini di sospensione: questo - dopo un primo ritratto del tutto ideale e un secondo con l’indicazione geografica specifica - ‘per dire di lui - come afferma il Barbi, noto studioso dei Promessi Sposi, - quello che meglio rispondesse ai bisogni dell’arte e ai propositi dell’opera’. Sulla figura del frate cappuccino si è sviluppato, nel tempo, un travagliato dibattito: figura reale? Figura di pura invenzione? O risultato di una mediazione tra storia e invenzione? Tra gli studiosi, c’è chi ha creduto di poter identificare, come oggetto di ispirazione per questo personaggio, il camilliano fratel Cesare Terzago, che nel 1630 assistette gli appestati nel Lazzaretto di Milano, proprio in questo suo pietoso servizio trovando un raccordo con quello di fra Cristoforo, che nel Lazzaretto - racconta Manzoni - svolge il suo ministero di carità e muore di peste. Una morte, la sua, che sopraggiunge dopo che ha sciolto il voto di verginità fatto alla Madonna da Lucia Mondella in un momento di disperazione nella via Crucis che sta percorrendo, e aver così chiuso il cerchio delle dolorose vicende sue e di Renzo Tramaglino, suo promesso sposo: un cammino doloroso e movimentato, a partire dall’ingiunzione di non celebrarne il matrimonio fatta a don Abbondio dai bravi di don Rodrigo, il prepotente signorotto che, invaghitosi della fanciulla, ne ha organizzato il rapimento a scopo non certo nobile. Secondo altri la storia di padre Cristoforo richiamerebbe la vita di fra’ Bernardo da Corleone, vissuto in Sicilia nel Seicento, per la sua abilità nel maneggiare la spada: il che richiamerebbe l’episodio manzoniano di Ludovico (questo il nome del frate cappuccino prima della sua conversione), che, nel noto episodio di incontro-scontro con un nobile personaggio arrogante e prepotente, di spada lo uccide in quanto uccisore del suo fedele servitore Cristoforo. Ma v’è anche una terza ipotesi, suffragata da maggiori evidenze storiche, in particolare dalle Cronache secentesche di Pio La Croce, le Memorie delle cose notabili successe in Milano intorno al mal contagioso l’anno 1630, che, a quell’anno, cita un padre Cristoforo Picenardi da Cremona, morto di peste nel lazzaretto....
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