che subito assapora i primi amari cambiamenti
Cinque maggio 1821: “Ei fu”. Così si apre il componimento manzoninano in onore del condottiero e imperatore Napoleone Bonaparte che duecento anni fa spirò nell’isola di Sant’Elena. Le vicende del principe francese sembrano essere lontane dalla storia italiana e soprattutto locale, ma se ci soffermiamo ad analizzare i fatti di fine Settecento nell’ambito cremonese scopriremo che gli anni fra la fine del XVIII e inizio XIX secolo costituiscono la cosiddetta “età napoleonica”.
L’indomani del secolo dei lumi, periodo in cui Maria Teresa d’Austria e il figlio Giuseppe II portano novità e grandi cambiamenti nel tessuto sociale, politico e culturale di Cremona, la stagione napoleonica si apre con ulteriori novità per la vita della città e di tutti i territori che furono annessi al Regno d’Italia. Se all’inizio della dominazione di Bonaparte il nord Italia era sfruttato come una semplice base militare per la conquista dei territori più vantaggiosi per il dominio francese (come le città di Genova e Venezia), a poco a poco tutto il territorio padano rientra negli interessi politico-amministrativi della Francia.
Eletto generale dell’esercito italiano nel 1793, Napoleone Bonaparte avvia una campagna militare contro i territori ancora di dominazione austriaca fino ad occupare l’intera Lombardia al fine di ricostruire, su modello francese, le repubbliche di Venezia e di Genova. Proprio in questa impresa bellica, nel tentativo di raggiungere la città di Mantova, il 12 maggio 1796 le truppe di Bonaparte si stanziano nella città di Cremona che già assapora i primi amari cambiamenti di questo nuovo governo. Vitto e alloggio delle truppe, infatti, inizia a gravare sul bilancio del Comune di Cremona e le chiese, già riconvertite durante la dominazione asburgica in alloggi militari e ambienti sanitari, diventano caserme e ostelli sempre più strutturati. Le realtà ecclesiastiche non ancora colpite dai cambiamenti di Giuseppe II, con il dominio napoleonico vengono intercettate e tassate in favore dell’armata francese lasciando sempre di più la chiesa priva di beni e autonomia economica. In questi primi anni di occupazione napoleonica, la chiesa cremonese e il nuovo governo non furono sempre concordi nell’esprimere obbedienza e sostegno l’uno verso l’altro. Il vescovo Omobono Offredi, infatti, in un primo momento saluta l’ingresso delle truppe francesi con gioia dichiarando nell’editto del 2 novembre 1896 che “non v’ha Potestà che non sia stabilita da Dio. Quindi, chi resiste alla Potestà resiste all’ordine di Dio”. Ben presto, però, il suo atteggiamento verso un potere politico troppo insistente e opprimente verso le libertà del popolo cristiano e del clero cremonese iniziò a mutare...
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