«L'Isp e l'Esp sono le mie due creature. Hanno lavorato e stanno lavorando molto bene. Continueranno ad esistere anche quando io non ci sarò più». Forse è in queste parole, che sono anche un lascito verso le generazioni future, pronunciate con commozione autentica di fronte ai suoi familiari, ai rappresentanti delle istituzioni e al senato accademico del Politecnico di Milano che gli ha conferito la laurea ad honorem in ingegneria per le grandi innovazioni introdotte in campo siderurgico, che si condensa il segreto dei grandi traguardi raggiunti da Giovanni Arvedi come imprenditore in cinquant'anni di attività. La profonda convinzione nelle proprie idee, talmente innovative da non essere capite, all'inizio, persino dagli accademici più titolati, ma perseguite con tenacia e grandi sacrifici, anche quando tutto sembrava remare contro, insieme alla passione, il rispetto per gli equilibri della natura e il forte legame per la sua città «è per questo che ho voluto costruire il secondo impianto in Italia, perchè penso che un imprenditore abbia il dovere di lasciare qualcosa al suo Paese» - dichiara Arvedi - hanno consentito di raggiungere traguardi molto importanti, obiettivi «che non sarebbero stati possibili senza il sostegno discreto ma sempre presente di mia moglie e senza il contributo dei miei preziosi collaboratori». Oggi Arvedi è il secondo gruppo siderurgico in Italia con una capacità produttiva di 4 milioni di tonnellate l'anno e 2,3 miliardi di euro di fatturato.
Ed è in un clima di festa che, ieri pomeriggio, 30 ottobre, presso la sede del Politecnico di Milano, Giovanni Arvedi ha ricevuto la Laurea Honoris Causa in Ingegneria Meccanica «per aver saputo ideare e realizzare soluzioni innovative nell'ambito della siderurgia, in particolare nella colata e laminazione in linea degli acciai, con un sistema produttivo caratterizzato da competitività economica, sostenibilità ambientale ed elevata qualità dei prodotti siderurgici destinati ad applicazioni strutturali, meccaniche ed energetiche. L'intuito tecnologico e la competenza ingegneristica dimostrata nell'ideazione e nella messa a punto delle tecnologie siderurgiche testimonia le notevoli competenze tecniche acquisite e maturate durante un percorso professionale ed imprenditoriale sempre rivolto all'innovazione delle tecnologie meccaniche, dei processi e dei prodotti siderurgici».
CRONACA DEL POMERIGGIO
«Sono estremamente onorato - ha commentato Arvedi - e considero questo riconoscimento il frutto di un'ideale unione tra la mia visione professionale e umana del lavoro e le capacità ingegneristiche che siamo riusciti a sviluppare in innovazioni che hanno profondamente trasformato la siderurgia».
Oltre che a Giovanni Arvedi, il Politecnico ha riconosciuto la laurea honoris causa anche a Pasquale Forte, presidente di Eldo Corporation Spa e a Cesare Puccioni, presidente della società omonima e attuale presidente di Federchimica. «Questi tre grandi imprenditori – ha dichiarato il Rettore del Politecnico Giovanni Azzone durante i saluti iniziali – hanno sempre saputo apportare delle grandi innovazioni di prodotto e di processo coniugando quei valori che mi piacerebbe ispirassero sempre coloro che studiano al Politecnico», facendo riferimento anche al fatto che si tratta di imprenditori che hanno generato sviluppo in Italia, valorizzando il territorio.
Il pomeriggio è iniziato con la Laudatio del Professor Carlo Mapelli, che ha ripercorso le tappe della straordinaria carriera di Arvedi e i momenti salienti di un'evoluzione continua, poi coronata con la nascita della seconda acciaieria a fianco dell'Isp e dello stabilimento per la lavorazione a freddo.
Quindi Giovanni Arvedi ha tenuto la sua Lectio “La tecnologia Isp/Esp. Il primo impianto in continuo di colata e laminazione” ricordando egli stesso i vari passaggi che hanno contrassegnato la storia della sua attività di imprenditore, partendo dagli inizi quando lavorava con il padre, i momenti più entusiasmanti e quelli più duri, fino al coronamento di un sogno, la nascita del più moderno impianto siderurgico al mondo, capace di produrre «con la massima affidabilità, in dieci ore di colaggio in continuo, più di 1.800 tonnellate di nastro ultrasottile, con caratteristiche metallurgiche e di geometria del nastro che nessun impianto al mondo è in grado di produrre a caldo. Una tecnologia, frutto dello «studio, dei sacrifici e dell'umiltà di unteam di tecnici che lo hanno reso possibile» coperta da una serie di brevetti.
L'esposizione di Arvedi sulle caratteristiche tecniche di questo impianto, è stata intervallata da una serie di aneddoti legati al rapporto con gli scienziati tedeschi ed i tecnici della Mannesmann, cui l'imprenditore aveva affidato la realizzazione delle macchine poi rivelatisi completamente sbagliate.
Solo in seguito venni a sapere che Mannesmann non voleva che un impianto così innovativo venisse realizzato a Cremona».
Un impianto così innovativo sotto il profilo produttivo ed ambientale se si pensa che un impianto tradizionale consuma 1 metro quadrato di estensione per produrre 7 tonnellate di acciaio mentre l'Esp, con la medesima estensione, ne produce 40 tonnellate. Insomma, un autentico gioiello che oggi rappresenta il benchmark, cioè il riferimento assoluto in ambito siderurgico. Visibilmente emozionato, Arvedi ha voluto innanzitutto ringraziare i docenti del politecnico dove si sono formati i grandi ingegneri italiani, capaci di costruire le dighe più moderne del mondo».
Parlando della propria attività di imprenditore, Arvedi ha ricordato come produrre acciaio sia tutt'altro che semplice perchè «la siderurgia non ammette improvvisazioni» e se l'acciaio va considerato «un amico», è pur vero che bisogna anche rispettarne la natura.
Ricordando gli anni che hanno preceduto la nascita della prima acciaieria Isp seguita poi nel 2008 dall'impianto Esp, Arvedi si domandava perchè gli impianti tradizionali non erano in grado di garantire spessori sottili e cosa, dunque, bisognava cambiare per poterli ottenere. La risposta è condensata nell'Esp (Endless strip production), che presenta una lunghezza da sei a dieci volte inferiore ad un impianto tradizionale.
Nel suo frequente viaggiare per il mondo per apprendere e confrontarsi con scienziati ed ingegneri, Arvedi si rende conto che l'innata creatività presente nel suo gruppo «doveva necessariamente trovare una declinazione attraverso la ricerca scientifica. La svolta arriva con il microprocessore che in un lampo rende obsoleti gli impianti in funzione fino a quel momento basati sul massiccio impiego di persone per il funzionamento delle macchine. «Non fu facile cambiare la mentalità di allora, abituata a processi e organizzazioni di lavoro che avevano ben funzionato per 50 anni. Serviva, appunto, uno sforzo culturale che fu reso possibile dall'impiego dell'elettronica che andò man mano a sostituire gli uomini nei meccanismo di funzionamento degli impianti. «Non è stato facile convincere quegli accademici» - commenta oggi sorridendo Arvedi – ma alla fine mi accolsero e firmarono un documento, che conservo gelosamente ancora oggi, dove si riconosceva che le mie idee erano corrette».
Il resto è storia recente con l'entrata in funzione dell'Isp (in line strip Production), il primo impianto mini mill per prodotti piani in acciaio d'Europa e il secondo al mondo con tecnologia a bramma sottile. Nel 2008 è stata completata la nuova acciaieria Esp a fianco di quella già esistente, in servizio dalla metà del 2009 e nata dall'accordo siglato con Siemens I&S.
Un investimento da 661 milioni di euro, realizzato in soli due anni con la collaborazione di 235 imprese italiane, seguita dalla realizzazione della cosiddetta Arvedi Nord, sempre a Cremona, con i nuovi impianti di decapaggio, laminazione e zincatura.
«In natura c'è equilibrio e simmetria – ha aggiunto Arvedi – e noi abbiamo voluto rispettare questi due principi realizzando macchine equilibrate e simmetriche proprio per rispettare la natura dell'acciaio. Solo così è possibile ottenere un prodotto di altissima qualità».
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