Cent’anni fa ebbe inizio, per concludersi solo quasi vent’anni dopo, la più grande rivoluzione urbanistica del Novecento, destinata a modificare in modo definitivo la fisionomia del principale monumento cittadino. Nel 1913 l’ingegnere Remo Lanfranchi presentò in un opuscolo le sue idee ed il suo progetto definitivo “pro isolamento duomo”, che veniva da un lato a concludere un lavoro iniziato cinquant’anni prima e dall’altro ad aprire la strada a quel piccone risanatore che di lì a qualche anno sarebbe stato protagonista, con interventi altrettanto drastici, di ben altre demolizioni. L’isolamento della Cattedrale, con la demolizione di tutti i fabbricati che vi si erano addossati nel corso dei secoli, compresa la grande Canonica, avrebbe mutato radicalmente l’aspetto esterno del Duomo, nascosto alla vista praticamente da mezzo millennio, se non più. La grande impresa, che rase al suolo, oltre la Canonica, sia le modeste botteghe che occupavano gli archi della Bertazzola, che la sagrestia a due piani annessa all’abside centrale e una parte addirittura del palazzo vescovile, ebbe una sorta di preludio nell’abbattimento nel 1841, del piccolo fabbricato addossato al fianco sinistro del duomo, destinato a cella di deposito dei defunti in attesa di tumulazione. Uno dei più accesi sostenitori dell’intervento era il direttore del “Corriere cremonese” Fulvio Cazzaniga, il quale il 2 luglio 1859 scriveva che, passeggiando per piazza del duomo in compagnia di un ufficiale francese, si sentiva arrossire e abbassava gli occhi dalla vergogna nel vedere “quelle catapecchie, e quelle botteghe incrostate tutto all’interno; e quell’assassinio dell’episcopio che, il brutale, si caccia nei fianchi di quella facciata così pura, sì semplice, e la più bella di tutte. E tutto questo perchè il Vescovo non si bagni le piante per entrare in Duomo. Miserie dei tempi...”. Per attuare l’intero progetto, però, si dovette passare attraverso lunghe ed interminabili polemiche tra chi si preoccupava dei costi ingenti che avrebbe comportato l’operazione, chi avrebbe preferito conservare l’esistente, chi riteneva di garantire il massimo della fruibilità all’edificio così isolato e chi, infine, paventava la creazione di nuovi squilibri statici con la necessità di intervenire nuovamente per riparare al danno fatto. Non è un caso che i lavori, messi in cantiere nel 1859 subito dopo la liberazione dagli Austriaci, si protrassero in realtà fino al nuovo secolo, trovando conclusione solo nel 1931. Bisognò tuttavia attendere la seduta del consiglio comunale del 9 maggio 1868 perchè venisse approvata all’unanimità una deliberazione che impegnava il Comune ad acquistare tutte le case addossate al Duomo per poterle poi demolire, dando ufficialmente inizio, con la costituzione di un comitato cittadino, all’isolamento dell’edificio sacro.
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