La scuola riparte col solito brontolio in sottofondo: l’insofferenza per il troppo che manca e che si trascina da decenni, per un sistema che farebbe la differenza se non fosse zoppo e altre simil denunce. Tempo due settimane e lo sdegno si tradurrà in alzata di spalle, un arrivederci a inizio settembre dell’anno prossimo. Che cosa È scuola – il cuore della sua vocazione – passa così in secondo piano. Le novità introdotte dal ministero possono rinfocolare le polemiche o essere l’occasione per ri-centrare l’essenza del rapporto docente-allievo.
Paolo Maino, 50 anni, dall’aprile di quest’anno è presidente nazionale di Disal, associazione dei Dirigenti scolastici degli istituti pubblici e paritari. Ha insegnato Lettere per 15 anni tra Liceo Scientifico e istituto Professionale e dal 2014 è dirigente scolastico, attualmente titolare (in distacco) dell’Ite “Gadda-Rosselli” di Gallarate (Va). Il suo ruolo in Disal lo porta a incontrare e supportare i colleghi di tutta Italia confrontandosi sulla concretezza quotidiana degli istituti. Abbiamo analizzato le novità di quest’anno, con l’aiuto del suo punto di osservazione.
Il “no” all’uso del cellulare alle Superiori, anche a fini didattici, tiene banco in questi giorni. Non rischia di essere un limite eccessivo all’apprendimento?
«La circolare ministeriale è molto prescrittiva e chiede un’applicazione con pochissime deroghe. Da un lato, il Ministero si è posto in un’ottica sanitaria: imporre agli studenti un distacco dallo smartphone dato che già oggi soffrono, inconsapevolmente o meno, di una pericolosa dipendenza digitale. Anche a tutti noi adulti, tra l’altro, farebbe bene darsi una regola. Dall’altro lato, sempre tutti noi adulti dovremmo interrogarci su un parziale fallimento educativo. L’educazione è in ragione di prescrizioni e divieti? Non può esserci la possibilità di un cammino di conoscenza degli strumenti che porti a usarli in modo intelligente?...
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