Il provvedimento preso dal Comune di Torino contro il fumo all’aperto ha portato di nuovo alla ribalta il dibattito sul consumo di sigarette. Smettere di fumare, per quanto sia difficile, è possibile, soprattutto se si ha il coraggio di rivolgersi ad esperti in materia, come racconta Lorella Marchesi. In pensione dal 1° settembre 2020, aveva lavorato come A.T.A. alla Scuola Secondaria di Primo Grado del suo paese, Grumello.
«Ho iniziato all’età di 14 anni, per curiosità e un po’ per trasgressione e per sentirmi grande, quando uscivo a passeggiare con le amiche. All’inizio fumavo solo una sigaretta al giorno, e comunque non tutti i giorni, poi via via ho aumentato il numero fino ad arrivare a un pacchetto».
Immagino che, magari non subito, i suoi genitori ne siano venuti a conoscenza: come hanno reagito?
«Nei primi tempi riuscii a non farmi scoprire, poi inevitabilmente lo vennero a sapere e, ovviamente, mio padre e mia madre non erano affatto contenti. Ho comunque continuato, cercando di non farlo davanti a loro, perché sapevo che lo accettavano».
Cosa le piaceva in modo particolare? Come reagivano i suoi familiari?
«Mi piaceva tutto della sigaretta, a partire dalla gestualità del prenderla e accenderla, poi il profumo che emanava nell’aria, il gusto che lasciava in bocca … In casa ero l’unica con questo vizio, gli altri non lo sopportavano, per cui diventava un problema trovare il momento giusto per gustarmi una sigaretta. Quando eravamo in vacanza, era anche più complicato, perché per andare a comprare le sigarette dovevo prendere varie scuse. A casa, invece, me ne facevo una scorta e al mattino mi alzavo prima degli altri e ne fumavo una dopo aver bevuto un caffè. Non era però più vita…».
Prima di arrivare alla decisione definitiva, aveva provato a smettere qualche volta?
«Sì, in occasione delle due gravidanze non fumavo, rispettando il prezioso consiglio dei medici, ma poi ho ripreso, un po’ anche perché me le offrivano e non riuscivo a dire di no: ho smesso e ripreso davvero (...)».
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