Un risultato impressionante, che riscrive la fase politica che stiamo vivendo. Un incremento - seppure non in termini assoluti - che vale la salvezza (e la possibilità del rilancio) per la nuova leadership. Una caduta, anzi uno schianto, che ha dimezzato in poco più di un anno il patrimonio di consensi. È questo quanto decretato dalle urne il 26 maggio 2019 a proposito dei tre partiti principali di uno scenario politico che si muove a una velocità semplicemente inimmaginabile ancora fino a non molti anni or sono.
Il voto delle europee 2019 ha ratificato il raggiungimento da parte della Lega di Matteo Salvini dell’obiettivo di farsi nuovo partito della nazione con il suo 34,3%. Un risultato per l’appunto centrato da una formazione che - puntando moltissimo, se non tutto, sui temi della sicurezza e dell’immigrazione - si espande in maniera impressionante dal Piemonte a Lampedusa, e diventa perfino la prima forza politica dell’Emilia-Romagna (altro dato di enorme rilievo). Un successo ottenuto con una notevolissima capacità, anche comunicativa, di mettersi in sintonia con la “pancia” del Paese, e i suoi umori profondi, ancorché sempre più variabili negli ultimi tempi. Ci sono delle similitudini con il 40% riportato dal Pd nelle omologhe elezioni del 2014: pare, come allora, una massiccia cambiale di fiducia accordata a un leader, e accompagnata dalla richiesta di un cambiamento...
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Massimiliano Panarari
Docente di Marketing politico presso l’Università Luiss “G. Carli” di Roma
© Riproduzione riservata
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