e le donne i più penalizzati
Giovani e donne: questi sono i volti della stessa medaglia, quella di una disoccupazione che, in provincia di Cremona, continua inesorabilmente a crescere. La fotografia scattata dal Sies al mercato del lavoro provinciale è tanto nitida quanto allarmante: nel 2012 il tasso di disoccupazione è cresciuto fino al 6,8% (era al 5,4% nel 2011) ma se i maschi inattivi sono ‘solo’ al 5,6%, le femmine arrivano addirittura all’8,5%.
Ancora più preoccupante è la situazione dei giovani: alla fine dello scorso anno, in provincia di Cremona, nella fascia d’età compresa fra i 15 e i 24 anni risultava senza lavoro il 27,1%. Tanto per avere un termine di paragone, stiamo parlando di un valore doppio rispetto a quello del 2004 quando, per la stessa fascia d’età, i disoccupati si attestavano al 13,1%. Meno della metà.
Ma non basta: anche qui è sempre la divaricazione uomini e donne a manifestarsi in modo ancora più eclatante con i primi al 23,3% e le altre al 33,7%, vale a dire oltre 10 punti percentuali in più.
«Dal 2007 ad oggi la situazione si è molto aggravata» - osserva il responsabile del Sies Maurizio Bussola -. Lo dimostra anche il tasso di disoccupazione estesa, al 10,13% nel 2012» che tiene in considerazione non solo le persone che cercano lavoro e non lo trovano (disoccupati), ma anche coloro che pur non lavorando hanno smesso di cercare un posto. Valori molto elevati che sommati ai dati relativi alla disoccupazione giovanile e femminile danno il quadro di una situazione che si va deteriorando nella nostra provincia, come in Lombardia e in Italia e in molti altri Paesi europei con l’eccezione della Germania».
Respinte dal mondo del lavoro dipendente, le donne stanno cercando una soluzione mettendosi in proprio. Piccole, ma resistenti, sono le imprese “in rosa”, quelle fondate da donne che hanno deciso di mettersi in gioco. Vincendo lo spauracchio della crisi e contrastando le difficoltà della congiuntura economica.
Eppure, nonostante le attività femminili si siano dimostrate nel tempo investimenti sicuri, esistono ancora gravi criticità nel reperire fondi, frutto spesso di stereotipi culturali. Stando all’ultima analisi di Confersercenti pubblicata all’inizio del mese l’accesso al credito per le aspiranti imprenditrici è sempre più difficoltoso: a fronte di un peggioramento di tassi, durata, costi di istruttorie e garanzie richieste, il 62% di chi fa richiesta di finanziamento alle banche non lo ottiene.
Non a caso le iniziative a sostegno dell’imprenditoria femminile si sono susseguite negli anni. Anche a livello nazionale sono state varate leggi ad hoc. Come la 215 del 1992 che prevedeva facilitazioni economiche e burocratiche: «Era stato istituto un fondo, ma nel 2006 è stato bloccato – spiegano nell’ufficio Servimpresa della Camera di Commercio di Cremona dove in tante si rivolgono per avere informazioni e sostegno –. Stesso discorso per la legge regionale che agevolava donne e giovani. Ora non ci sono più soldi. L’unica possibilità è il progetto “Start Up” che favorisce la nascita e lo sviluppo di nuove realtà».
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