l’inizio di una
nuova guerra
Nella notte tra giovedì 12 e venerdì 13 una nuova grande guerra è scoppiata, allorché Israele ha attaccato l’Iran. Oltre 200 aerei da combattimento hanno colpito più di 100 obiettivi in tutto l’Iran, causando l’improvviso crollo del già fragile equilibrio nel Vicino Oriente e una irreversibile intensificazione del conflitto tra Tel Aviv e Teheran. Tra le vittime dell’attacco, infatti, oltre ad infrastrutture e centrali nucleari, figurano alti esponenti politici e militari, scienziati di rilievo e in alcuni casi anche le relative famiglie. La sorpresa e l’efficacia dell’operazione denominata “leone nascente” ha spinto Netanyahu a dichiarare di esser riuscito a “colpire al cuore il programma nucleare militare iraniano”, ormai in procinto – come sostiene da più di trent’anni a questa parte – di dotare la Repubblica Islamica dell’arma atomica.
La risposta iraniana
Tuttavia, dopo un primo momento di sgomento – non solo iraniano, ma mondiale – Teheran si è rialzata ed ha risposto con una durissima rappresaglia missilistica contro Israele, il quale – di risposta – ha chiesto l’intervento militare diretto degli Stati Uniti contro l’Iran.
Se fino alla notte prima di “leone nascente” le tensioni tra Iran e Israele si erano mantenute per decenni entro i limiti della guerra indiretta, combattuta in conflitti delegati in Libano, Siria, Iraq, Gaza e Yemen, gli ultimi scambi segnano il passaggio in una nuova fase: quello della guerra diretta e simmetrica tra le due principali potenze del Vicino Oriente. Ad una settimana dall’attacco, infatti, le due potenze non hanno smesso di bombardarsi a momenti alterni, in un crescendo botta e risposta dove l’unica variabile è se o meno gli Stati Uniti scenderanno direttamente in campo contro l’Iran, e se o meno la guerra passerà dalla dimensione locale a quella globale...
Marco Ghisetti
Dottore in Politica Mondiale e Relazioni Internazionali e in Filosofia presso l’Università di Pavia
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