Nel libro a lei dedicato, edito recentemente da Bompiani, l’inglese Cicely Saunders riceve, all’inizio della sua straordinaria carriera infermieristica, una raccomandazione che risulterà decisiva: «Deve essere devota all’ammalato, non alla tecnica». È un passaggio che Saunders vivrà in modo così radicale che da lei nasceranno i primi hospice, luoghi in cui il malato terminale trova una insperabile dignità, grazie a terapie del dolore e cure palliative innovate e ad un coinvolgimento umano prima impossibile. È questo l’infermiere: un professionista che innanzitutto ascolta, osserva, monitora; fa da trait d’union con medici e specialisti e suggerisce (anche) dei cambiamenti.
Stesso compito che assolve l’infermiere di famiglia, figura che sul territorio cremonese nasce a fine 2020 e vede oggi attive due centrali operative, una a Cremona e una a Casalmaggiore, coordinate dall’Asst del capoluogo attraverso la figura di Rosa Sora, che esperienza sul campo ne ha fatta, con 25 anni all’attivo presso l’ospedale di viale Concordia e coinvolta da subito nel progetto degli infermieri di famiglia, di cui, a maggio di quest’anno, ha assunto l’incarico di funzione organizzativa. «I nostri professionisti – dice Sora – eseguono valutazioni multidimensionali a domicilio degli utenti segnalati e li indirizza verso i vari servizi a cui si può rivolgere. Insomma, ne individua i bisogni sanitari e sociosanitari e li segnala». L’attivazione del servizio avviene solo attraverso il medico di famiglia, il servizio di dimissioni protette dell’ospedale, gli specialisti e gli assistenti sociali (la fragilità può essere anche di natura sociale). «Parliamo di utenti over 65 con problemi cronici, fragili e con difficoltà di autonomia nel raggiungere gli ambulatori – spiega Sora –. Possono essere anche persone di età inferiore: a seconda della patologia e delle condizioni di cronicità o del contesto familiare (situazioni di solitudine, ad esempio), il medico decide di attivare l’infermiere di famiglia».
Soprattutto se anziani, i pazienti si sentono rassicurati dalla presenza di figure professionali che si prendono cura di loro sotto diversi punti di vista e lo fanno anche “a distanza”. Durante le ondate di calore registrate nei periodi estivi, ad esempio, gli infermieri di (...)».
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