L’avvocato aggredito alle spalle
Vendetta o il gesto di un folle?
Un caso irrisolto cremonese che, nonostante avesse destato grande scalpore in città, rimase senza un colpevole, fu l’omicidio dell’avvocato Andrea Boschi, in seguito al ferimento avvenuto la sera del 24 marzo 1919 in via dei Tribunali. Si sprecarono discorsi, commemorazioni ufficiali, veglie funebri, ma il delitto venne ben presto liquidato come se niente fosse. Titolare delle indagini, aspetto inquietante, fu lo stesso commissario di PS Umberto Wenzel, che solo poche settimane prima, giunto in città da pochi giorni, si era incaponito, senza approdare a nulla, nella risoluzione dell’omicidio dell’Aquila Nera. Proprio per seguire quest’ultimo caso Wenzel, aveva lasciato ad altri l’indagine precedente, forse sperando in una più rapida conclusione coronata dal successo. In Questura c’è anche un altro brillante funzionario, il vice commissario Leone Ferdinando Santoro, in quei giorni in missione a Novara, ma appena convalescente per i postumi di un’operazione che, fino ad ora, ne ha bloccato il trasferimento a Roma richiesto dal ministero dell’Interno, ma che il Questore sta tentando di impedire per evitare che rimanga sguarnito l’ufficio cremonese. Santoro non si era trovato d’accordo sul modo di condurre le indagini tenuto da Wenzel nel corso dell’ultimo omicidio di Maria Mattarozzi e, di fatto, era stato estromesso dall’indagine.
Wenzel aveva acquistato una certa notorietà nel 1901, quando, giovane delegato di PS, si era distinto in Aspromonte nella caccia al brigante Salvatore Musolino, anzi, si racconta che, sorpreso nel sonno dallo stesso bandito, si sarebbe salvato solo perchè dalla tasca del suo panciotto sarebbe scivolato fuori un medaglione con l’immagine del figlio e Musolino si sarebbe intenerito. Qualche anno dopo, nel 1906, già commissario, aveva sgominato una rete di falsari all’opera tra Matelica, in provincia di Macerata, e l’Argentina, con ramificazioni a Fabriano, Camerino, Pistoia e Firenze, meritandosi la fama di un Joe Petrosino all’italiana. Con questo curriculum era stato poi in missione segreta in Turchia nel 1911. Nel 1919 da Milano era stato trasferito a Cremona, in sostituzione di Luigi Rebecchi, nominato commissario di seconda classe a Sondrio in febbraio. Sono le 21,30 quando l’avvocato Boschi esce dalla sua abitazione in via dei Tribunali per recarsi al caffè Roma, fa pochi passi in direzione della sede del Comune di Duemiglia, che è confinante al numero 2, quando viene aggredito da uno sconosciuto che gli piomba alle spalle sferrandogli una coltellata nella zona lombare, prima di darsi alla fuga in bicicletta. L’avvocato lancia un grido, e cerca di dirigersi verso casa, mentre in suo soccorso arriva la guardia in servizio al Comune Di Duemiglia, Umberto Lodi che, aiutato da un passante, trasporta l’avvocato nella propria abitazione, da dove nel frattempo sono usciti i familiari richiamati dalle grida dei soccorritori. “E’ immaginabile lo smarrimento angoscioso della signora Boschi – annota il cronista – ma fu cosa d’un momento; forte e coraggiosa, essa fu subito intorno al marito aiutando gli uomini a deporlo sul letto”. A prestare le prime cure è la moglie Margherita Venturini, dama della Croce Rossa. Vengono immediatamente chiamati il dottor Signori ed il professor Della Rosa che verificano le condizioni dell’aggredito e l’entità della ferita: si tratta di un taglio largo alcuni centimetri alla regione lombare sinistra, inferto da un coltello affilatissimo, ma tuttavia non profondo. I due medici verificano che i reni non sono stati toccati e, nonostante la gravità della ferita, mantengono un cauto ottimismo sulle eventuali complicazioni, riservandosi una visita successiva più approfondita. Stranamente i due medici chiamati al capezzale del ferito si accontentano di una visita superficiale e non ritengono necessario al momento accertarne la reale entità...
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