Dieci anni fa iniziava lo smantellamento (decommisioning) della centrale elettronucleare di Caorso, la più grande d’Italia con 860 megawatt di potenza. Costruita dall’Enel, quando entrò in funzione, nel 1981, era una delle più moderne d’Europa, capace di produrre, nei soli quattro anni in cui rimase in funzione, qualcosa come 29 terawatt. D’altra parte in quegli anni l’Italia era ancora una potenza nucleare, settore dove il Paese vantava un patrimonio straordinario di aziende e competenze fra i più significativi al mondo. Nel 1987, a seguito dell’incidente di Chernobyl, l’Italia fece la scelta di uscire definitivamente dall’atomo, segnando in questo modo la sorte di Caorso e degli altri impianti presenti sul territorio nazionale. Questa scelta, come noto, ha condannato il Paese alla dipendenza dall’estero per il proprio fabbisogno e ha fatto schizzare alle stelle la bolletta energetica se si pensa che il l’Italia alimenta il proprio motore soprattutto grazie al petrolio e al gas per i quali dipende quasi completamente da altri Paesi.
Lo smantellamento - Costata l’equivalente di 1 miliardo di euro ora la centrale verra completamente smantellata con un ulteriore esporso, per la collettività, di 300 milioni di euro. I soldi, infatti, arrivano dal prelievo in bolletta che risponde alla voce A2, oneri per la messa in sicurezza del nucleare...
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