«C’è una cosa che non si può fare parlando del Cammino: descriverlo».
Paolo Loda, castelleonese doc classe 1970, visto che ci conosciamo da anni, parte con questo “incoraggiamento” per raccontare la sua esperienza sulla via di Santiago de Compostela di qualche anno fa. Era il 2011. «Sono partito il 12 luglio - racconta Paolo -: volo aereo “aperto” Bergamo-Lourdes, da lì in treno fino a Bayonne, poi con il trenino dei pellegrini sono arrivato a Saint Jean Pied de Port ai piedi dei Pirenei dove, più per consuetudine che altro, si ritiene inizi quello che viene definito il Cammino Francese».
Si parte: «Il Cammino di Santiago ha una dimensione che non ha nulla a che vedere con la realtà quotidiana. Non si organizza, si può solo vivere. Chi fa il Cammino non è il calendario, ma solo le tue gambe e, soprattutto, la tua testa. E’ un’esperienza totale, fatta di legami di qualche minuto, di qualche ora o di qualche giorno, una sorta di grande metafora della vita che ha la suggestione di essere tale, perché tutte le mattine si parte da est per arrivare un po’ più ad ovest».
Perché si fa?
«Si segue la Voz Interior, una molla che ti spinge a provare una realtà che tutti abbiamo in noi, ma che spesso la routine quotidiana non ci permette di ascoltare. Ognuno parte dalle più disparate motivazioni per arrivare a parlare uno stesso linguaggio, che abbatte le barriere della lingua, delle convenzioni e dello stato sociale. Là si impara che sul Cammino si è tutti viandanti allo stesso modo. Si torna alle origini della persona e si parte: con la tua mochila, lo zaino e la tua Credecial, il passaporto del pellegrino rilasciato dall’apposito ufficio e che timbri ad ogni albergue, l’ostello che ti ospita».
L’equipaggiamento è importante?
«Avevo con me una mochila di una decina di chili, ma mi sono presto accorto che avrei potuto fare a meno di tante cose che ritenevo necessarie. Davvero basta l’indispensabile: un cambio di magliette, di biancheria intima e di calzini, qualcosa per la pioggia o il vento e nulla più. Sono partito da solo da Castelleone, ma sul Cammino non sono mai stato solo se non nei momenti in cui io desideravo stare solo con me stesso. Quella dei viandanti è una comunità itinerante dove (...)».
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