"Filio dello Spedale", la guerra, l’infanzia negata, la dignità: piangi via tutto. Per la rassegna AcrobatiChe PoetiChe
In un venerdì sera di metà novembre e nebbia fitta, il teatro Monteverdi di Cremona accoglie lo spettacolo “Filio dello Spedale”, scritto e diretto da Alice Bignone, e interpretato da Ermanno Rovella (Compagnia Salz). Ospite della rassegna Acrobati(che) Poeti(che), il monologo di cento minuti si presenta come un atto di restituzione storica e linguistica, una voce che emerge dal fango delle trincee. Lo scenario è essenziale: solo una sedia e una bottiglia d’acqua sul pavimento. Michè, entra in scena con gli scarponi slacciati in mano: «io sono Michè, che è morto in guerra... Sono partito da soldato e sono morto, da uomo, per difendere la patria mia, che è il paese… Dite alla Gelsa di fare una femmina, ché le femmine sanno ridere di più!». Michè è uno degli orfani e dei figli della terra, nati “per servire” e destinati a combattere una guerra che non comprendono. L’ospedale è madre e padre: la suora Armida lo lava con l’aceto, e gli insegna a ringraziare il prete e l’uomo che lo prende, il Raldo, “lungo, tutto un bove”, che lo porta a casa per avere il sussidio statale.
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Paola Silvia Dolci

