“Per migliaia di anni, gli esseri umani hanno gareggiato per essere i primi a scalare una vetta, attraversare una frontiera o documentare una nuova specie o paesaggio. Ora, in alcuni casi, stiamo correndo per essere gli ultimi”. Con questa frase in un articolo pubblicato sul New York Times, Paige McClanahan ha riassunto un fenomeno che si sta diffondendo negli ultimi anni, il cosidetto “last chance tourism” o, per dirla in italiano, “il turismo dell’ultima possibilità”. Consiste, in breve, nel desiderio di visitare un luogo prima che cambi per sempre o sparisca. Il fenomeno è particolarmente legato al cambiamento climatico (si pensi a paesaggi glaciali già scomparsi o destinati a farlo) ed è in sé contraddittorio perché genera “effetti collaterali” che spesso accelerano il declino ecologico della stessa destinazione e più in generale alimentano il global warming.

Questa nota socio-culturale ci serve per introdurre quella che potremmo definire una “last chance ride”, ovvero una “pedalata dell’ultima possibilità”. Al contrario dei fenomeni studiati e raccontati da Paige McClanahan, si tratta di un’esperienza molto “local” e dagli scarsi effetti collaterali ecologici e climatici, dal momento che è ambientata pochi chilometri oltre il confine provinciale.

Lungo il corso del fiume Adda, infatti, si trova una secolare opera in ferro che – all’epoca della sua realizzazione – aveva colpito i contemporanei più della Tour Eiffel: è il ponte San Michele, più noto come ponte di Paderno o, più raramente, ponte di Calusco...

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