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Se la commedia dell'arte irrompe nei dibattiti televisivi

Io tribunale di Pavia

La Patria del melodramma. Il caso Garlasco e i suoi avvocati: provate a guardarli sotto questa luce.

L’Italia è il Paese della musica, ma più ancora è il Paese del melodramma, il linguaggio musicale tipicamente italiano per il quale ancora oggi siamo riconosciuti e ammirati nel mondo. Un genere espressivo tra l’altro nato per mano di un cremonese, Claudio Monteverdi, che nel 1607 mette in scena l’Orfeo per la corte mantovana dei Gonzaga, considerato l’archetipo del teatro d’opera, o meglio del “teatro musicale”, come lo definiscono quelli che parlano bene. Un genere che nel corso dei secoli si è sviluppato e ha vissuto le sue stagioni d’oro, da quella del cosiddetto belcanto con i vari Rossini, Bellini, Donizetti, a quella romantica con Verdi fino a quella che ha scavallato l’Ottocento con Puccini, Mascagni e via dicendo. Certo, è un linguaggio oggi apprezzato da un pubblico che sta nei quattro angoli del pianeta, tanto che Traviata e Bohème sono tra le opere più rappresentate al mondo, ma la domanda è la seguente: come mai il melodramma nasce in Italia? La risposta potrebbe essere semplice, scontata, anche perché allora l’Italia era la culla dell’arte e i massimi capolavori fiorivano a sud delle Alpi, dalla pittura all’architettura, non solo in campo musicale.
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Roberto Codazzi
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