Don Nagle autore di "Stare" con Massimo Camisasca: alla fine, tutto si concentra su Colui che è il senso di ogni cosa
Come vivere la malattia e la vecchiaia? Come stare accanto a chi soffre ed a chi è anziano? Sono domande che riguardano molti in una società, in cui la cosiddetta “terza età” si è imposta coi numeri. Ebbene, il dolore a volte può essere l’occasione per scoprire l’importanza della compagnia, dello stare insieme. Con gli altri e con l’Altro. Lo scrivono Massimo Camisasca, vescovo emerito di Reggio Emilia-Guastalla, e don Vincent Nagle nel libro intitolato “Stare”, recentemente edito dalla Ares.
Per saperne di più, abbiamo interpellato uno degli autori, don Nagle.
La nostra società sta invecchiando in fretta, forse troppo…
«Non solo la demografia ci indica un forte avanzamento della popolazione verso l’età avanzata, quindi più vulnerabile, ma anche i progressi della medicina già da decenni non sono più orientati esclusivamente alla possibilità di guarigione, bensì ad alleggerire gli inconvenienti legati alla malattia.
Ne consegue paradossalmente un incremento dei limiti con cui convivere. La modalità più ragionevole per affrontarli non ha a che fare con espedienti psicologici atti a spianare l’angoscia, ma consiste in un cambiamento profondo di prospettiva sulla realtà.
Si tratta di cambiare approccio, di vedere la realtà come “il luogo” dell’incontro con gli altri, con sé stessi, con Dio. Sul letto di morte nessuno rimpiange di aver trascorso troppo poco tempo in ufficio. Tutto si concentra sulla cosa più reale, i rapporti, essenzialmente il rapporto con Colui che è il senso di tutto».
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Mauro Faverzani

