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Fazil Say, quando la musica combatte battaglie di libertà

Il pianista Fazil Say [foto @Fethi-Karaduman]

Anima “green”. Alla fine le piante sono state abbattute, ma al pianoforte risuona la protesta

Parafrasando Borges, il quale diceva che “il tango ha i colori di un tramonto a Buenos Aires”, lo sguardo di Fazil Say ha i colori di un tramonto sul Bosforo. Colori a un tempo accesi e tenui, forti e malinconici. Il pianista turco, che ha trionfato in duo con Sergej Krylov all’Auditorium Arvedi per STRADIVARIfestival, nel suo concerto ha suggerito una serie di considerazioni sul ruolo della musica, e non solo per questioni squisitamente artistiche. Anzitutto è un personaggio che rinnova l’eterno mito dell’artista genio e sregolatezza, sul palco e fuori dal palco, e vivaddio che in questo mondo, dove tutto è all’insegna dell’omologazione, ne esistono ancora. A Cremona ha suonato, tra l’altro, una sua opera per violino e pianoforte composta nel 2019 a seguito di una tragedia ambientale perpetrata dallo Stato turco che ha venduto un’area situata in un sito di incredibile valore storico e archeologico a una multinazionale canadese al fine di consentire lo sfruttamento di una miniera d’oro. Ciò ha oltretutto comportato il taglio di 200 mila piante creando un dissesto irreversibile in un’area di straordinaria biodiversità, provocando la scomparsa di numerose specie di volatili. Pur essendo – com’è noto – un Paese autocratico in cui è difficile esprimere il proprio dissenso, a seguito di quella sciagura si creò in Turchia in movimento di opinione da parte di artisti e intellettuali di cui Fazil Say fu una specie di leader...
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00:00|October 30, 2025
Roberto Codazzi
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