Quando pensiamo ai robot immaginiamo spesso delle macchine, talvolta con sembianze umanoidi, in grado di svolgere delle attività o dei compiti in modo freddo e inumano, al punto che molte persone ne sono ancora spaventate. In realtà, negli ultimi anni, queste tecnologie si sono sviluppate in molte diverse direzioni e finalità, tanto che oggi parlare genericamente di robot ha ben poco senso, perché sotto quella denominazione vengono catalogati molti diversi dispositivi: per l’industria, per la sanità e la medicina, per l’allenamento, ma anche per la cucina, per la pulizia, per la manutenzione dei manti erbosi o delle acque delle piscine. Gli enormi sviluppi di quel filone tecnologico che chiamiamo intelligenza artificiale, inoltre, hanno reso ancora più complessa e inopportuna qualsiasi generalizzazione al riguardo, pur se un punto fermo indubbiamente c’è: la suggestione proposta nel 1999 da Chris Columbus, nel film “L’uomo bicentenario” resta a tutt’oggi una mera ipotesi letteraria. 

Il film, magistralmente interpretato da Robin Williams e basato sull’omonimo racconto di Isaac Asimov e sul romanzo “Robot NDR-113”, che nel 1992 lo stesso Asimov scrisse insieme a Robert Silverberg, narra la progressiva evoluzione di un robot domestico umanoide, nell’arco di quattro generazioni, fino alla sua trasformazione in un essere senziente e consapevole di sé. Una prospettiva ipotetica temuta, più che auspicata, che tuttavia sembra ancora molto lontana dal realizzarsi, se non addirittura impossibile...

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