Storie misteriose abitano la città: dai lamenti di Fiammetta alle scritte dei condannati a morte
«La più antica e potente emozione umana è la paura, e la paura più antica e potente è la paura dell’ignoto», scriveva Howard Phillips Lovecraft, padre dell’horror moderno.
Ed è proprio la paura, quella primordiale, sottile e affascinante, a riaffacciarsi puntualmente tra la fine di ottobre e i primi giorni di novembre. In questo tempo sospeso tra due stagioni, quando le giornate si accorciano e la nebbia inizia ad avvolgere la luce serale, l’aldilà sembra sfiorare l’aldiquà. È il periodo dell’anno in cui anche i più razionali si trovano a pensare a ciò che non si vede, a ciò che resta dopo.
Da secoli, i giorni dedicati a Ognissanti e alla Commemorazione dei defunti del 2 novembre sono intrisi di colori cupi e di silenzi sacri.
Già nelle civiltà del passato, dai Greci agli Egizi, dai Celti ai Romani, esisteva un momento dell’anno in cui i vivi e i morti comunicavano, celebrando il ricordo o placando lo spirito dei defunti. Era un rito di passaggio, un modo per affrontare quella soglia invisibile che separa il mondo terreno da quello eterno.
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Serena Carpaneto

