

Cultura & Spettacoli
“Bella ciao”, quando la politica strumentalizza anche la musica
Gruppo di mondine al lavoro (foto storica National Geographic)
L’omicidio di Kirk ha riportato il brano alla ribalta: una inopportuna forzatura
In questo momento di profonda crisi sociale l’arte può rappresentare una sorta di “bene rifugio” per il nostro spirito, un’ancora di salvezza, quanto meno una valvola di sfogo, una zona franca, un’oasi incontaminata, un atollo deserto su cui salire per non pensare alle cose brutte del mondo. Ci piace infatti pensare all’arte come a qualcosa che stia al di sopra di tutto e che non possa essere strumentalizzato e contaminato dalla politica, sapendo che questa – lo si vede sfogliando quotidianamente i giornali – ormai tira per la giacchetta tutto spesso in modo forzato, anche quando non ve ne siano i presupposti. Ciò premesso, nei giorni scorsi si è tornato a parlare di una canzone italiana molto popolare perché sui proiettili con cui Tyler Robinson ha assassinato l’attivista Charlie Kirk c’era scritto “Bella ciao, bella ciao ciao ciao”, evidenza sulla quale i media nei giorni successivi hanno ricamato non poco, benché la cosa non abbia a mio avviso il ben che minimo costrutto.
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Roberto Codazzi