Marco Ghisetti analizza i contenuti dell'intensa e si sofferma sui possibili risvolti per il futuro di quest'area tormentata
Il mondo ha trattenuto il fiato all’annuncio di una tregua tra Israele e Hamas. Un evento inatteso, che molti sperano possa sia fermare il bagno di sangue a Gaza sia preludere a una svolta per il Vicino Oriente. Trump ha dichiarato che “la guerra è finita” e Netanyahu ha preannunciato anni di pace per Israele. Sul campo, Tel Aviv ha avviato il ritiro delle proprie truppe dalla Striscia e al Cairo sono cominciati i negoziati per lo scambio di ostaggi e prigionieri.

Una svolta a sorpresa - La mossa segna un cambio di rotta nella strategia israeliana. Fino a pochi mesi fa, Netanyahu puntava all’occupazione militare dell’intera Striscia di Gaza. Un piano avversato dai vertici militari, che temevano una guerriglia urbana senza fine. La scelta di privilegiare un accordo è la fotografia di un’impasse.
Israele ha combattuto su troppi fronti: Gaza, Cisgiordania, Libano, Siria, Yemen, Qatar e Iran. Ai sette fronti esterni, si aggiungono quelli dell’opinione pubblica interna e occidentale, il cui sostegno – politico, militare e finanziario – è ossigeno vitale per lo Stato ebraico...
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20:37|October 16, 2025
Marco Ghisetti