Enzo Manes racconta in un libro l’esperienza dei Dynamo camp per disabili gravi
Diventa difficile far rientrare Enzo Manes, 65 anni, fondatore dei Dynamo camp in Italia, nella definizione che si trova sul web: imprenditore e filantropo. Soprattutto filantropo, sembra una parola del secolo scorso. Se devi tracciare un progetto sul “Dopo di noi” per famiglie con disabili gravi, avere a disposizione dei fondi, essere un filantropo, non basta di certo. Chi è Enzo Manes, ha provato a spiegarlo lui, lunedì sera, in una affollata sala incontri del Centro Cr2 Sinapsi alla presentazione del suo libro “Nessuno basta a se stesso”. Prima, ha sottolineato la bellezza del Centro di Occhi azzurri: “essere stati di ispirazione per questa opera in un lontano Open day, è parte di quello che vorremmo essere”. La bellezza, del resto, è uno dei cardini della filosofia della galassia Dynamo, assieme a generosità, concretezza e autenticità.
«Il problema di raccontare chi sono - ha spiegato Manes – mi si è posto quando ho dovuto prendere la parola all’Università Luiss per il premio “alunno dell’anno”. Siamo stati premiati in 10 su 600 mila studenti, era dunque un’occasione importante. Ma non mi andava di proporre il solito discorso: sacrificio, studio, risultato. Anche perché non era vero. Io sono stato solo fortunato, poi ho cercato di aiutare gli altri. Ma il concetto “io fortunato che aiuto altri più sfortunati” l’ho sempre tenuto lontano. Non si può definire “una sfortuna” la malattia». Nella copertina del libro si sottolinea come nel passaggio da “dono a chi è più sfortunato” a “dono perché sono fortunato” abbiamo la possibilità di portare, ciascuno di noi, un contributo enorme e sostenibile al bene comune...
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Paolo Carini

