I palazzi di Torino sullo sfondo di “Instant Love”, i colli toscani che profumano le pagine di “Se domani farà bel tempo”, i malinconici canali di Venezia lungo cui scorre “Siamo solo amici”. Luca Bianchini è uno scrittore vagabondo, che gira l'Italia rubando pennellate di ispirazione dalle realtà più disparate. E poi prosegue, senza mai voltarsi indietro. Eppure la cittadina di Polignano a Mare lo ha in qualche modo stregato: quel Maestrale che soffia vigoroso nel suo ultimo (e fortunatissimo) romanzo, “Io che amo solo te”, lo ha spinto a rimanere in Puglia, fra trulli e polpette, per un'altra avventura letteraria: il 19 novembre arriva in libreria “La cena di Natale”, nuovo capitolo delle avventure di Chiara, Ninella e Don Mimì.
Qual è la città dei tuoi romanzi in cui ti senti più a casa?
Sicuramente Polignano a Mare. Tra quei vicoli sono riuscito a crearmi una sorta di famiglia parentale. E sottolineo famiglia, perché in Puglia non si può essere semplicemente amici. Ci si conosce e si diventa cugini, zii, nipoti. Il sangue non c'entra, è questione di rapporti che si stringono e non si possono più sciogliere.
Sicuramente Polignano a Mare. Tra quei vicoli sono riuscito a crearmi una sorta di famiglia parentale. E sottolineo famiglia, perché in Puglia non si può essere semplicemente amici. Ci si conosce e si diventa cugini, zii, nipoti. Il sangue non c'entra, è questione di rapporti che si stringono e non si possono più sciogliere.
Come ti approcci a una città quando la scegli per ambientare una storia?
Cerco di immergermi tra la gente che la abita e di trovare buone guide locali. Credo che, in generale, sia più semplice parlare di una realtà che non ci appartiene: si riescono a notare tutti quei dettagli che per la gente del posto sono pura routine. In ogni caso, ho bisogno di vivere la città, il paese. È vero, oggi ci si può documentare tranquillamente su internet. Ma gli odori e i rumori di un luogo non si possono trovare su Google.
Cerco di immergermi tra la gente che la abita e di trovare buone guide locali. Credo che, in generale, sia più semplice parlare di una realtà che non ci appartiene: si riescono a notare tutti quei dettagli che per la gente del posto sono pura routine. In ogni caso, ho bisogno di vivere la città, il paese. È vero, oggi ci si può documentare tranquillamente su internet. Ma gli odori e i rumori di un luogo non si possono trovare su Google.
Quali posti potrebbero ispirare il tuo prossimo romanzo?
Adoro Napoli, ma credo che scriverne sarebbe troppo complesso. Mi intrigano la Sicilia, la Sardegna, i piccoli paesi della Calabria. O in alternativa, il verdissimo altopiano di Asiago.
Adoro Napoli, ma credo che scriverne sarebbe troppo complesso. Mi intrigano la Sicilia, la Sardegna, i piccoli paesi della Calabria. O in alternativa, il verdissimo altopiano di Asiago.
I NOSTRI INTERVISTATI – Anita Meli, modella, Castelleone: «Cremona è la mia seconda casa. È la città che mi ha ospitata prima per la carriera sportiva, e poi per la mia vita universitaria. Per una golosa come me è davvero il posto migliore. Spero che in futuro possa darmi tutte le gioie di cui ho già goduto».
Chiara Baini, 25 anni, Crema: «Ho trascorso a Leeds (UK) sei mesi durante il secondo anno di università, frequentando tre diversi corsi per la facoltà di Communication Studies. La considero la mia seconda città, nonostante abbia passato lì relativamente poco tempo, ma quel tanto che basta per capirla amarla. Essendo una città studentesca, ospita ragazzi provenienti da ogni parte del mondo, lì essere “straniero” è una risorsa. A tante persone ho raccontato dell'Italia, da tante altre ho conosciuto Paesi e culture che prima di allora avevo solo conosciuto vagamente. Questa è la cosa che più ricordo con piacere dell'esperienza a Leeds, ed è l'aspetto che ha contribuito a rendere speciali quei sei mesi. Consiglio di viverla, anche per poco, per conoscere persone e culture diverse».
Alessandro Beltrami, allenatore Pomì, Casalmaggiore: «Allenando la Nazionale tedesca d’estate sono di base a Berlino. Viverla da cittadino quattro o cinque mesi l'anno è straordinario. Se potessi un giorno ci tornerei anche per restare per sempre, perché è una grande città ma senza avere il caos della metropoli e in secondo luogo perché è multiculturale, una caratteristica che apprezzo molto».
Ezio Indiani, general manager dell’hotel Principe di Savoia di Milano: «La città in cui mi sento come a casa è Londra. Offre moltissimo. Un’ottima ristorazione, tanti teatri ed anche tanti parchi. È un luogo in cui ho avvertito di aver la possibilità di realizzarmi pienamente come persona».
Roberto Bonazzoli, cantautore, Piadena: «Ho girato molte città nel corso degli anni, ed ogni posto ha saputo trasmettermi qualcosa di diverso. A Mantova, però, ho trovato un’atmosfera unica, pacifica, molto riflessiva, quasi fiabesca. Per questo la sento molto vicina al mio modo di essere».
Simone Valvassori, agente di viaggio, Crema: «Il posto in cui mi sento come a casa è New York. Le persone sono fantastiche, sempre pronte a darti una mano. Ma non solo: nella stessa città convivono i paesaggi metropolitani, a Manhattan, e quelli tipici delle nostre città di provincia, nelle periferie».
Chiara Baini, 25 anni, Crema: «Ho trascorso a Leeds (UK) sei mesi durante il secondo anno di università, frequentando tre diversi corsi per la facoltà di Communication Studies. La considero la mia seconda città, nonostante abbia passato lì relativamente poco tempo, ma quel tanto che basta per capirla amarla. Essendo una città studentesca, ospita ragazzi provenienti da ogni parte del mondo, lì essere “straniero” è una risorsa. A tante persone ho raccontato dell'Italia, da tante altre ho conosciuto Paesi e culture che prima di allora avevo solo conosciuto vagamente. Questa è la cosa che più ricordo con piacere dell'esperienza a Leeds, ed è l'aspetto che ha contribuito a rendere speciali quei sei mesi. Consiglio di viverla, anche per poco, per conoscere persone e culture diverse».
Alessandro Beltrami, allenatore Pomì, Casalmaggiore: «Allenando la Nazionale tedesca d’estate sono di base a Berlino. Viverla da cittadino quattro o cinque mesi l'anno è straordinario. Se potessi un giorno ci tornerei anche per restare per sempre, perché è una grande città ma senza avere il caos della metropoli e in secondo luogo perché è multiculturale, una caratteristica che apprezzo molto».
Ezio Indiani, general manager dell’hotel Principe di Savoia di Milano: «La città in cui mi sento come a casa è Londra. Offre moltissimo. Un’ottima ristorazione, tanti teatri ed anche tanti parchi. È un luogo in cui ho avvertito di aver la possibilità di realizzarmi pienamente come persona».
Roberto Bonazzoli, cantautore, Piadena: «Ho girato molte città nel corso degli anni, ed ogni posto ha saputo trasmettermi qualcosa di diverso. A Mantova, però, ho trovato un’atmosfera unica, pacifica, molto riflessiva, quasi fiabesca. Per questo la sento molto vicina al mio modo di essere».
Simone Valvassori, agente di viaggio, Crema: «Il posto in cui mi sento come a casa è New York. Le persone sono fantastiche, sempre pronte a darti una mano. Ma non solo: nella stessa città convivono i paesaggi metropolitani, a Manhattan, e quelli tipici delle nostre città di provincia, nelle periferie».
00:00|November 7, 2013