Per la rubrica Gli uomini che fecero l'Italia: Cesare Cantù
Partiamo dal contesto storico. Finito il periodo più feroce della Rivoluzione Francese del terrore - il periodo dei giacobini, che però preferivano farsi chiamare patrioti per sottolineare il carattere nazionale della loro azione - inizia l’era del Direttorio (1796-99) sorto dalla reazione del Termidoro contro Robespierre. I rivoluzionari italiani però, pur in rapporti politici con le autorità francesi del Direttorio (antigiacobino) si ispirarono alle idee giacobine. Con queste idee la coscienza nazionale passa in Italia da un piano culturale ad un piano politico, e, successivamente, dal livello ideale alla concreta azione politica. Il risultato sono la Repubblica Cispadana (poi divenuta Cisalpina), la Repubblica Romana e la Repubblica Napoletana. In questo periodo Melchiorre Gioia scrive la sua dissertazione “Quale dei governi liberi meglio convenga alla felicità dell’Italia” e Nicola Spedalieri, nei suoi “Dé diritti dell’uomo” nel 1791 scrive un “Il cristianesimo è nemico nato del dispotismo”; Vincenzo Cuoco a Napoli, nel 1801 scrive il “Saggio sulla rivoluzione napoletana” del 1799. Tutto ciò, e molto altro fu spazzato dal Congresso di Vienna (1814) e dalla successiva Restaurazione voluta e realizzata in tutta Europa e in tutta Italia dalle potenze antinapoleoniche (Austria, Prussia, Russia e in forma minore Inghilterra) che però non riuscì a soffocare l’esigenza di rinnovamento e la rapida diffusione dello spirito di nazionalità ed unità che per la prima volta avevano acquisito un concreto carattere politico....
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Anselmo Gusperti

