Graffiti

Quel colpo di fulmine che mi porto dentro per tutta la vita

Il colpo di fulmine può scoccare ovunque, in qualsiasi situazione, in qualsivoglia ambito della vita. L'abbiamo chiesto a Mc Febbo (nome d'arte di Renato Frattolillo), rapper di Cremona. Classe 1980, è un punto di riferimento assoluto nel panorama hip hop cremonese. Il suo ultimo disco, “Klinamen”, contiene collaborazioni con Dj Shocca e Tormento.
Quando è scoccato il tuo “colpo di fulmine” per la cultura hip hop?
«I primi passi in questo mondo li ho mossi a 13 anni. Devo dire, però, che sin da piccolo in casa mia ero abituato ad ascoltare musica di qualità. Sono cresciuto con Ray Charles e Aretha Franklin, i miei genitori ascoltavano il jazz, il blues, il funk. Poi ho conosciuto l’hip hop e mi sono trovato davanti a un universo estremamente complesso, con una grande storia alle spalle, composto da una miriade di discipline. Sono venuto a contatto con chi faceva rap, con gli artisti del writing, con i ballerini delle crew, con i geni del freestyle e con i maestri del beatboxing. E ne sono rimasto letteralmente folgorato».
Quali sono stati i primi brani hip hop che hai ascoltato?
«Sul fronte italiano ricordo “Aspettando il sole” di Neffa, dal disco “Neffa & i messaggeri della dopa”. Per quanto riguarda il panorama internazionale, invece, ascoltavo Tupac, Notorious B.I.G., i Fugees. Poi a 14 anni, dopo un periodo di incubazione, di rafforzamento, ho scritto il mio primo pezzo, che si intitolava “Soul sorrow”».
Che cosa consigli ai giovani che intendono avvicinarsi a questo mondo?
«Innanzitutto direi loro di documentarsi, cercare gli artisti davvero significativi e non limitarsi ad ascoltare l’hip hop che viene proposto dalle radio. E poi ricordo sempre che la cultura di strada va oltre la semplice musica: raccoglie al suo interno valori autentici, come il rispetto, la fratellanza, l’aiuto reciproco».
I NOSTRI INTERVISTATI – Nicola Romano, 24 anni, studente economia e capo del gruppo AlpOver18 del Cai di Crema: «Tutto è nato per tradizione familiare, mio padre è istruttore d'alpinismo, è stata una passione indotta ma mai obbligata. Amo la tranquillità e il mito della vetta, inteso come la capacità di arrivare in cima, è un senso di realizzazione unico. E' stata una sorta di rivelazione: avevo 12 anni, e mi trovavo sotto la parete nord dell'Adamello, uno spettacolo incredibile...lì ho capito che era veramente ciò che faceva per me».
Klaudio Ndoja, ala della Vanoli Cremona: «Sono fortemente credente e praticante, mi è stato tutto trasmesso da mia nonna, all'età di 8-9 anni; ogni sera, prima di andare a letto prego. Può sembrare una cosa banale, ma non c'è niente di certo e nessuno può dirci dove possiamo arrivare. Solo la morte è certa; siamo noi a scrivere il nostro destino. Dove posso arrivare non lo so, ma darò sempre il massimo, poi Dio dirà dove terminerò la mia corsa».
Simona Malvassori, Cremona, stilista: «Il ‘mal d’Africa’ mi ha colpito. Dopo pochi mesi dal mio arrivo in Kenya, ho fondato il brand Style Show Room e aperto alcuni negozi. Inizialmente mi occupavo di arredi e corredi; poi mi sono indirizzata verso le creazioni di gioielli, accessori e abbigliamento».
Patrick Pavesi, giornalista tv, Castelvetro: «Rufus e Barnie sono due cani che vivono con me e la mia famiglia. Si tratta di casi clinici della clinica veterinaria nella quale lavora mia moglie, li abbiamo visti e ci siamo scelti. Rischiavano la vita, li abbiamo accolti per dar loro speranza. Lo spazio fisico non c'è in casa, ma davanti a una situazione come questa abbiamo scelto tutti di fare dei sacrifici. Avevamo fatto anche un terzo tentativo, poi, ma in quel caso non è andata bene».
Sergio Sarta, fotografo sub, Crema: «Nel corso della mia vita ho cercato, forse inconsciamente, di ristabilire un nuovo rapporto con l’acqua. Mi è riuscito talmente bene che ogni periodo che passo lontano dai miei magnifici fondali mi sembra di cascare in un torrente, come se fossi incapace di nuotare».
Andrea Visioli, atleta, Casalmaggiore: «Il mio ultimo colpo di fulmine è stato per il trail running che significa, essenzialmente, correre su sentieri che si trovano in natura. Da sempre amo la corsa ed amo l’orienteering ma quella tra paesaggi naturali regala emozioni ancora più grandi»
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