Dall’ufficio al primo piano basta un colpo d’occhio per abbracciare con lo sguardo i campi del centro sportivo “Giovanni Arvedi”. Dalla stanza sono appena usciti il segretario sportivo e lo staff dell’ufficio marketing tenendo tra le mani il progetto sulla nuova campagna abbonamenti. Sulla tabella dei prezzi qualche segno rosso a pennarello. «Vedendo le partite è impossibile non notare gli spazi vuoti sulle gradinate dello Zini». Michelangelo Rampulla tiene tutto sotto controllo. «Alla base di tutto c’è il rispetto delle regole. Ai giocatori daremo indicazioni precise di comportamento, ma varranno anche per tutti noi. E io sono molto preciso. Non mi piacciono le cose campate in aria».
La storia del calcio offre tanti modelli: Rampulla che tipo di presidente vuole essere?
(Non fa nomi, ma cerca un aggettivo. E dopo qualche istante si silenzio...) «Normale.  Vorrei essere un presidente normale, con la competenza che penso di aver accumulato in 40 anni di calcio. Ah (aggiunge), mi piacerebbe anche essere un presidente fortunato».
Detto, però, senza scaramanzia. Perché in fondo – lei lo sa – le 600 partite in carriera e le tante parate silenziose contano più di quel gol che tutti gli ricordano. Esperienza, lavoro, voglia di vincere...
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