Intervista a Luca Gnizio, "ecosocial artist"

Luca Gnizio, ecosocial artist e precursore di tematiche ambientali nell’arte. Fino allo scorso 9 settembre al Superstudio Maxi di Milano le opere dell’artista cremasco che il 15 settembre sarà a Doha nel Qatar per una mostra itinerante che girerà il mondo nei prossimi tre anni. Mediante la formazione tecnica e con una spiccata sensibilità all’ambiente, Gnizio realizza installazioni di valenza ecologica e sociale, riciclando gli scarti di produzione aziendali. Nato nel 1981 a Lodi, ha vissuto a Ripalta Cremasca e ha studiato a Crema, prima diplomandosi al liceo artistico e poi trasferendosi a Milano per formarsi come disegnatore industriale. Dal 2009 i suoi progetti creano sinergie tra territorio, aziende e centri d’aggregazione sociale per un interesse collettivo. I suoi percorsi creativi coinvolgono importanti società italiane e internazionali. Ha depositato brevetti ecologici basati sulle fibre di carbonio e creato opere d’arte esposte in modo permanente al Museo del Vetro di Murano e al Vittoriale degli Italiani. Frammenti di pneumatici, marmo, carta, ferro, terracotta, plastica, asfalto, carbonio o vetro hanno acquisito nuova vita, diventando oggetti di design. Nel 2019 l’Associazione per il Disegno Industriale della sezione lombarda e la Regione lo hanno premiato per aver creato il primo “foglio” di fibra di carbonio riciclato che diventa trasparente.
Lei è un artista innovativo: ci può spiegare chi è e che cosa realizza un “ecosocial artist”?
«Molti anni fa ho cominciato a studiare il modo per riciclare il cosiddetto “materiale di scarto” di alcune aziende per valorizzarlo. Inizialmente si trattava di autoproduzione di pochi oggetti, poi mi sono indirizzato verso le imprese per conferire un valore aggiunto e creare opere d’arte, a metà strada tra l’artigianato e la produzione in serie con gli stampi. Dopo un po’ mi sono reso conto che erano vere e proprie novità perché a quei tempi non si parlava ancora di economia circolare, né vi erano mode al riguardo. Alcuni di questi progetti hanno previsto il riciclo della polvere di marmo, altri il tessuto dei jeans, coinvolgendo anche associazioni che lavorano con persone con disabilità, soggetti svantaggiati o carcerati. Questo è il risvolto sociale. Secondo il mio modo di pensare e concepire l’arte, gli scarti industriali possono diventare progetti per lo sport, la musica, la cultura e l’ecologia»...
«Molti anni fa ho cominciato a studiare il modo per riciclare il cosiddetto “materiale di scarto” di alcune aziende per valorizzarlo. Inizialmente si trattava di autoproduzione di pochi oggetti, poi mi sono indirizzato verso le imprese per conferire un valore aggiunto e creare opere d’arte, a metà strada tra l’artigianato e la produzione in serie con gli stampi. Dopo un po’ mi sono reso conto che erano vere e proprie novità perché a quei tempi non si parlava ancora di economia circolare, né vi erano mode al riguardo. Alcuni di questi progetti hanno previsto il riciclo della polvere di marmo, altri il tessuto dei jeans, coinvolgendo anche associazioni che lavorano con persone con disabilità, soggetti svantaggiati o carcerati. Questo è il risvolto sociale. Secondo il mio modo di pensare e concepire l’arte, gli scarti industriali possono diventare progetti per lo sport, la musica, la cultura e l’ecologia»...
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Daniele Ardigò

