Le composizioni dell’artista si caratterizzano per la sottigliezza dell’indagine psicologica
A luglio saranno trascorsi 150 anni dalla scomparsa di Giovanni Carnovali detto il Piccio; oggi, in occasione della festa della donna, si vuole celebrare l’artista attraverso le sue opere (conservate al Museo civico Ala Ponzone, ma non solo) nelle quali ritrae il lato femminile della società.
“Insomma io predico che se costui spiegherà nell’immaginazione i medesimi talenti che nell’imitazione dimostra egli diventerà non già un bravo artista ma straordinario”. Così Giuseppe Diotti scriveva all’amico Montani nel 1817; la persona a cui fa riferimento è proprio Giovanni Carnovali, che all’epoca aveva quasi 13 anni.
Insegnante e direttore dell’Accademia di Carrara, il casalasco Diotti rimane un punto di riferimento nella formazione del giovane Carnovali, che si affaccia alla scuola all’età di undici anni e per questo motivo sarà detto Piccio (“piccolo”).
Figlio di un fontanaro, una sorta di tecnico idraulico di oggi, il fanciullo entra “in anticipo” nella scuola sia grazie alle sue doti che grazie al conte Spini, il quale, sorpreso dal talento, interviene e ne ottiene l’inserimento.
Come in tutte le Accademie la formazione è quella classica: Diotti si impegna ad insegnare a disegnare, in modo rifinito, ordinato e a imitazione dei modelli antichi; l’attenzione per il passato, la copie di celebri opere dei pittori più importanti sono prassi quotidiana. Tra i grandi il Piccio sceglierà poi i suoi punti di riferimento: egli preferisce Correggio, Lotto, Parmigianino, Moroni, ma anche Perugino e Raffaello. Ciò che emerge da subito è che egli osserva e filtra quel che per lui è più interessante: le sue scelte lasciano emergere una preferenza per il dato reale. Egli coglie gli aspetti più drammatici, ma anche quotidiani e intimi delle opere dei grandi. In questo Piccio mostra da subito il suo essere lombardo, il suo far parte di quei “pittori della realtà” che nei secoli caratterizzano l’area. Scriverà Achille Locatelli Milanesi, presentando una mostra celebrativa nel 1952 “Il Carnovali fu un artista lombardo fino alle midolla”.
Dal mondo accademico, ma soprattutto neoclassico di cui Diotti è un attento rappresentante, l’allievo presto si discosta per seguire il vento di cambiamento che soffia in Italia e in Europa. Il Piccio elabora una pennellata libera e sfumata già nelle opere con soggetti biblici e mitologici e soprattutto si discosta nella scelta dei generi da trattare.
Alla pittura di storia, così in voga nel periodo, considerata molto proficua oltre che onorifica, preferisce generi meno convenzionali, primo tra tutti il ritratto....
“Insomma io predico che se costui spiegherà nell’immaginazione i medesimi talenti che nell’imitazione dimostra egli diventerà non già un bravo artista ma straordinario”. Così Giuseppe Diotti scriveva all’amico Montani nel 1817; la persona a cui fa riferimento è proprio Giovanni Carnovali, che all’epoca aveva quasi 13 anni.
Insegnante e direttore dell’Accademia di Carrara, il casalasco Diotti rimane un punto di riferimento nella formazione del giovane Carnovali, che si affaccia alla scuola all’età di undici anni e per questo motivo sarà detto Piccio (“piccolo”).
Figlio di un fontanaro, una sorta di tecnico idraulico di oggi, il fanciullo entra “in anticipo” nella scuola sia grazie alle sue doti che grazie al conte Spini, il quale, sorpreso dal talento, interviene e ne ottiene l’inserimento.
Come in tutte le Accademie la formazione è quella classica: Diotti si impegna ad insegnare a disegnare, in modo rifinito, ordinato e a imitazione dei modelli antichi; l’attenzione per il passato, la copie di celebri opere dei pittori più importanti sono prassi quotidiana. Tra i grandi il Piccio sceglierà poi i suoi punti di riferimento: egli preferisce Correggio, Lotto, Parmigianino, Moroni, ma anche Perugino e Raffaello. Ciò che emerge da subito è che egli osserva e filtra quel che per lui è più interessante: le sue scelte lasciano emergere una preferenza per il dato reale. Egli coglie gli aspetti più drammatici, ma anche quotidiani e intimi delle opere dei grandi. In questo Piccio mostra da subito il suo essere lombardo, il suo far parte di quei “pittori della realtà” che nei secoli caratterizzano l’area. Scriverà Achille Locatelli Milanesi, presentando una mostra celebrativa nel 1952 “Il Carnovali fu un artista lombardo fino alle midolla”.
Dal mondo accademico, ma soprattutto neoclassico di cui Diotti è un attento rappresentante, l’allievo presto si discosta per seguire il vento di cambiamento che soffia in Italia e in Europa. Il Piccio elabora una pennellata libera e sfumata già nelle opere con soggetti biblici e mitologici e soprattutto si discosta nella scelta dei generi da trattare.
Alla pittura di storia, così in voga nel periodo, considerata molto proficua oltre che onorifica, preferisce generi meno convenzionali, primo tra tutti il ritratto....
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00:00|March 2, 2023
Serena Carpaneto