Ogni settimana su Mondo Padano i consigli di lettura di Microcosmi (itinerari di lettura)
Un uomo alle prese con la propria solitudine inciampa tutti i giorni nella vita degli altri, scorge continuamente un’umanità in transito, sempre di corsa, sempre in viaggio. Ritira documenti, restituisce sorrisi, si aggrappa ad una quotidianità che si nutre a sua volta di sguardi rubati, storie intraviste e supposizioni abbozzate. Questa è l’esistenza di un uomo stanco che lavora in un aeroporto, un doganiere ben consapevole che la propria vita con moglie e figli è oramai lontana, troppo lontana. Abbandonato e cullato dalla propria voce interiore si interroga su che cosa diremo agli angeli una volta giunti alle porte del paradiso, si chiede se «sarà bello aprire il nostro cuore. Svelare tutto. Non crimini perpetrati nelle tenebre di qualche inverno nebbioso, ma semplici, quotidiani, piccoli abbrutimenti», si domanda se questi angeli rimarranno maggiormente colpiti dal racconto dell’amore o sarà necessario – per scuoterli davvero – parlare loro del dolore, della sofferenza. Titubante per ciò che cosa sapranno o meno accogliere questi angeli, pensa a come reagiranno alle nostre confessioni, proprio loro che «si danno il piglio di essere perfetti. Fanno un po’ di scena, ma darebbero chissà cosa per potersi mescolare, per entrare nelle nostre piccole cose grigie». Introspettivo, intimo, a tratti lirico e perennemente filosofico, “Cosa diremo agli angeli” è il racconto della vita: imperfetta, difettosa, vera. Dalla penna di Franco Stelzer prende forma una voce commossa che indaga sulla felicità e non ha paura di ammettere che la tristezza – delle volte – è ciò che ci fa sentire più vivi.
«Racconteremo quanto ci ha sconcertato sentirci vicini a qualcosa di lontanissimo. A qualcosa a cui, in realtà, non ci siamo veramente avvicinati, ma che abbiamo solo osservato, tenendoci a distanza. Diremo, insomma, che la felicità è un godere rattenuto, in disparte. In completa solitudine».
«Racconteremo quanto ci ha sconcertato sentirci vicini a qualcosa di lontanissimo. A qualcosa a cui, in realtà, non ci siamo veramente avvicinati, ma che abbiamo solo osservato, tenendoci a distanza. Diremo, insomma, che la felicità è un godere rattenuto, in disparte. In completa solitudine».
PUBBLICATA SU MONDO PADANO DEL 3 AGOSTO
00:00|September 26, 2019
Microcosmi