Il libro di Fiorentini: nati in Libia, il regime fascista decise di allontanarli dalle loro famiglie
Questa volta Roberto Fiorentini ha scelto di accantonare momentaneamente il suo interesse per i viaggi alla (ri)scoperta del patrimonio architettonico e avifaunistico del nostro territorio, prediligendo ciò che più d’ogni altra cosa è bravo a fare: il giornalismo d’inchiesta. Muove, infatti, da questo presupposto la rinnovata collaborazione con “Ronca Editore”, la casa editrice locale con cui Roberto - nel suo ricco curriculum vitae, anche una laurea in Musicologia, Filosofia e Storia dell’Arte - ha deciso di dare alle stampe “I dimenticati”, un volume la cui pubblicazione è mirata a togliere la troppa polvere che il tempo ha depositato sopra una delle pagine più tristi relative alla Seconda Guerra Mondiale, celandone la sua terribile rilevanza. «Circa un anno fa, a conclusione di un incontro pubblico, sono stato avvicinato da un’anziana donna che, con estremo garbo, mi domandò se fossi interessato ad ascoltare la sua drammatica esperienza. È così che sono venuto a conoscenza di quanto accadutole: Silvia Maria Napoletano fu tra le migliaia di protagonisti di quel tremendo evento che avvenne in Libia durante il periodo coloniale fascista».
“I dimenticati”, difatti, altro non fa che riportare meritoriamente alla memoria collettiva la storia di quei bambini («Tremila, circa: tuttavia, si pensa che siano stati parecchi di più») che, nati proprio nello Stato africano, furono al centro di quella che, a tutti gli effetti, fu una deportazione verso il territorio italiano: fanciulli che, strappati al calore e alle cure rassicuranti delle proprie famiglie, vennero ospitati in strutture che la propaganda di regime descriveva come accoglienti, nonché adatte all’età e alle esigenze dei piccini, con la promessa di un soggiorno estivo. ...
“I dimenticati”, difatti, altro non fa che riportare meritoriamente alla memoria collettiva la storia di quei bambini («Tremila, circa: tuttavia, si pensa che siano stati parecchi di più») che, nati proprio nello Stato africano, furono al centro di quella che, a tutti gli effetti, fu una deportazione verso il territorio italiano: fanciulli che, strappati al calore e alle cure rassicuranti delle proprie famiglie, vennero ospitati in strutture che la propaganda di regime descriveva come accoglienti, nonché adatte all’età e alle esigenze dei piccini, con la promessa di un soggiorno estivo. ...
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00:00|February 6, 2025
Fabio Canesi