“Non ci sono evidenze dirette nella letteratura scientifica che l’olio di palma, come fonte di acidi grassi saturi, abbia un effetto diverso sul rischio cardiovascolare rispetto agli altri grassi con simile composizione percentuale di grassi saturi e mono e polinsaturi. Come, per esempio, il burro”. Lo scriveva, sei anni fa, l’Istituto Superiore di Sanità. Oggi, dopo aver compreso che il regime alimentare va sempre condotta ‘cum grano salis’, siamo in grado di analizzare i dati con minor emotività, senza campagne mediatiche che gettano la croce sulle spalle di un solo imputato. Lo ha ricordato anche Marco Trevisan, Preside Facoltà Scienze Agrarie, Alimentari e Ambientali dell’Università Cattolica, in apertura alla tavola rotonda di giovedì scorso, “I consumi ‘senza’: tra false credenze e paure degli italiani. Il caso dell’olio di palma”: ‘Tutto è veleno: nulla esiste di non velenoso. Solo la dose fa in modo che il veleno non sia tale.’ L’aforisma di Paracelso, del 1531, è un concetto molto importante, valido soprattutto oggi. Il discorso del ‘senza’ è molto sfruttato dal marketing: il caso dell’olio di palma è un caso che ha fatto scuola. È stato criticato per i danni ambientali nonostante produca, a parità di ettari coltivati, dalle cinque alla otto volte in più rispetto al cocco e alla soia...

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Stefano Frati

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