L’evento che si è tenuto oggi pomeriggio presso il Campus di Cremona del Politecnico di Milano ha messo in evidenza l’aumento dell'adozione dello Smart Working tra le grandi imprese: il 36% ha già lanciato progetti strutturati (il 30% nel 2016), ben una su due ha avviato o sta per avviare un progetto. Anche tra le PMI cresce l’interesse, anche se prevalgono approcci informali: il 22% ha progetti di Smart Working, ma di queste solo il 7% lo ha fatto con iniziative strutturate; un altro 7% di PMI non conosce il fenomeno e ben il 40% si dichiara “non interessato” in particolare per la limitata applicabilità nella propria realtà aziendale. Nella Pubblica Amministrazione solo il 5% degli enti ha attivi progetti strutturati e un altro 4% pratica lo Smart Working informalmente, ma a fronte di una limita applicazione c’è un notevole fermento, con il 48% che ritiene l’approccio interessante, un ulteriore 8% che ha già pianificato iniziative per il prossimo anno e solo il 12% che si dichiara non interessato.
Sono alcuni dei dati dell’Osservatorio Smart Working presentati oggi a Cremona al convegno "Smart Working: come introdurlo e quali sono gli impatti". “Sotto la superficie dello Smart Working così come oggi lo conosciamo c’è una grande opportunità di contribuire a ripensare il lavoro del futuro per rendere imprese e pubbliche amministrazioni più produttive e intelligenti, lavoratori più motivati e capaci di sviluppare talento e passioni, una società più giusta, sostenibile e inclusiva – afferma Mariano Corso, Responsabile scientifico dell'Osservatorio Smart Working - Partendo da questo presupposto non bisogna limitarsi a pensare allo Smart Working come lavoro da casa o come un’iniziativa di welfare aziendale ma come la possibilità di spaziare da progetti di ridefinizione dei canali e delle modalità di Customer Interaction sia fisici che virtuali fino alla sfida legata allo Smart Manufacturing, che richiederà di ripensare profondamente i modelli di organizzazione del lavoro anche all’interno delle fabbriche abilitando maggiori condizioni di flessibilità e autonomia per i team di lavoro”
I DATI DI DIFFUSIONE DELL’OSSERVATORIO SMART WORKING DEL POLITENICO DI MILANO
Le grandi imprese - Oltre la metà delle grandi imprese ha già o sta per lanciare iniziative di Smart Working. Il 36% del campione dichiara progetti strutturati (che riguardano cioè almeno due delle leve di progettazione tra flessibilità di luogo, di orario, ripensamento spazi, cultura orientata ai risultati e dotazione tecnologica adeguata per lavorare da remoto). Per il 7% lo Smart Working è presente in modo informale; il 9% del campione intende introdurlo nei prossimi 12 mesi; tutte le grandi imprese interpellate conoscono il fenomeno; solo il 13% non lo ritiene di interesse o di non sapere se verrà adottato nella propria realtà. Tuttavia, soltanto nel 26% dei casi in cui le aziende hanno progetti strutturati, lo Smart Working può ritenersi maturo e coinvolge una percentuale rilevante dei lavoratori.
Le PMI – Nelle PMI lo Smart Working è ad oggi un fenomeno emergente. Il 7% dichiara di avere iniziative strutturate di Smart Working, il 15%, pur non avendo iniziative strutturate, lavora di fatto informalmente in questo modo, il 3% prevede di lanciare un’iniziativa entro i prossimi 12 mesi e il 12% è in generale possibilista in merito all’introduzione. Le motivazioni principali che guidano l’interesse delle piccole e medie organizzazioni verso lo Smart Working sono il miglioramento della produttività e della qualità del lavoro (67%), del benessere organizzativo (27%) e della conciliazione tra vita privata e professionale (16%). Tuttavia il 40% non è interessato all’introduzione dello Smart Working e la motivazione principale riguarda la percezione di limitata applicabilità nella loro realtà, come dichiara il 53% delle aziende, seguita dal disinteresse da parte del management (11%) e dal limitato grado di digitalizzazione dei processi (7%).
La pubblica amministrazione - Nonostante l’approvazione della legge 81/2017, le iniziative del Dipartimento Pari Opportunità e la direttiva della riforma Madia, lo Smart Working nella Pubblica Amministrazione è ancora in una fase iniziale. Solo il 5% delle pubbliche amministrazioni italiane coinvolte nella ricerca ha progetti strutturati di Smart Working, mentre un altro 4% dice di praticarlo informalmente. A differenza di quanto avviene nelle PMI sono in pochi a non conoscere per nulla il concetto di Smart Working (3%) e quasi la metà del campione (48%) dichiara interesse per una prossima introduzione. Al tempo stesso, il 32% delle pubbliche amministrazioni ammette esplicitamente assenza di interesse o di non sapere se sarà introdotta in futuro. Le motivazioni principali sono la percezione che non si possa applicare alla propria realtà (66%), la percezione di carenze di normativa o regolamentazione sul tema (27%) o il limitato livello di digitalizzazione dei processi (18%).
I benefici dello Smart Working - Miglioramento della produttività, riduzione dell’assenteismo e abbattimento dei costi per gli spazi fisici sono i principali benefici ottenibili dall’introduzione dello Smart Working nelle aziende. L’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano stima l’incremento di produttività per un lavoratore derivante dall’adozione di un modello “maturo” di Smart Working nell’ordine del 15%.
I vantaggi per i lavoratori si misurano anche in termini di riduzione dei tempi e costi di trasferimento, miglioramento del work-life balance e aumento della motivazione e della soddisfazione. Si può stimare, ad esempio, che il tempo medio risparmiato da uno Smart Worker per ogni giornata di lavoro da remoto sia di circa 60 minuti; considerando che ciascuno faccia anche solo una giornata a settimana di remote working il tempo risparmiato in un anno è dell’ordine di 40 ore per Smart Worker.
I 5 FATTORI CRITICI DI SUCCESSO DI UN PROGETTO DI SMART WORKING
Non bisogna affrontare un progetto di Smart Working in maniera superficiale ma è opportuno agire contemporaneamente su più leve e partire da una attenta considerazione degli obiettivi, delle priorità e delle peculiarità tecnologiche, culturali e manageriali dell’organizzazione. Sebbene non esistano ricette standard preconfezionate, dall’analisi dei principali casi di successo mappati dall’Osservatorio Smart Working, è stato possibile identificare 5 fattori critici di successo da seguire:
● Creare Commitment del vertice: occorre esplicitare gli obiettivi fondamentali che si vogliono ottenere con l’introduzione dello Smart Working riferendoli direttamente alle priorità ed alle sfide del business. Il vertice aziendale deve vedere l’iniziativa come un’occasione per modificare modelli di comportamento e stili di leadership.
● Definire un approccio multidisciplinare: lo Smart Working è un progetto intrinsecamente multidisciplinare che richiede una governance condivisa tra attori coinvolti che controllano leve diverse ciascuna delle quali, singolarmente, risulterebbe inefficace.
● Personalizzare il modello: la definizione del posizionamento di un’azienda rispetto alle leve di progettazione deve tener conto delle specificità dell’organizzazione in termini di settore di appartenenza, tipologia di attività prevalentemente svolte ed esigenze delle persone che, all’interno di una stessa azienda, possono essere anche molto diverse. Il confronto con l’esperienza di altre organizzazioni può costituire un utile benchmark ma il modello di Smart Working deve essere costruito ad hoc sull’azienda.
● Sperimentare: è opportuno partire da una sperimentazione pilota per ridurre le resistenze e mettere a punto il modello più efficace per l’azienda. Occorre quindi identificare alcuni ruoli/mansioni/unità organizzative idonee e partire velocemente con la sperimentazione, anche se la tecnologia non è perfetta, introducendo il cambiamento in modo graduale attraverso approcci “perpetual beta” di diffusione incrementale.
● Investire in formazione e coaching manageriale: occorre affiancare i manager nel cambiamento culturale e nell’adozione di nuovi stili di leadership affinché diventino i veri protagonisti dello Smart Working.
● Misurare e comunicare sistematicamente i risultati: per consolidare il cambiamento occorre curarne la comunicazione e promozione non soltanto nella fase iniziale, ma anche e soprattutto durante e dopo la sperimentazione per evitare che, quando l’entusiasmo iniziale e il committment da parte del vertice si affievoliscono, i comportamenti possano tornare verso quelli tradizionali.
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