Le note sul diario sono cose del passato. Adesso in Gran Bretagna si sta diffondendo rapidamente l’abitudine di usare delle app per registrare il comportamento dei ragazzi e tenersi in contatto con i genitori. La più amata è Classdojo, lanciata da una società californiana, che ormai in America viene usata in metà degli istituti elementari e di istruzione secondaria. L’idea chiave di questo progetto - che è già approdato anche in diverse scuole italiane - è quasi banale. Bambini e ragazzi quando tornano da scuola non sempre hanno voglia di raccontare cosa è accaduto. Soprattutto preferiscono soprassedere quando hanno preso un richiamo perché chiacchieravano o perché si sono dimenticati di fare il compito. Così i genitori restano all’oscuro di ciò che accade ai loro pargoli per sei o otto ore al giorno.
Grazie all’app, invece, il contatto tra professori e famiglie è continuo. In questo modo sul telefonino di mamma e papà arrivano le segnalazioni dei comportamenti dei figli. Buoni e cattivi, nel senso che l’insegnante assegna punteggi per ogni attività e alla fine della giornata si fa il bilancio. In questo modo per i professori i messaggi sulle cose importanti arrivano senza grosse difficoltà e per i genitori c’è un controllo sulla situazione. La app, peraltro, permette anche di condividere delle foto delle attività in classe, che spesso rappresentano un ricordo interessante. All’app, infine, possono essere collegati anche gli studenti, che monitorano costantemente le reazioni dei docenti alle loro attività in aula.
Le app per il controllo dei comportamenti degli allievi offrono un valore aggiunto notevole all’interconnessione tra scuole e famiglie. Anche se presentano qualche piccolo problema. Intanto, a livello di privacy, servono cautele per evitare che i voti e le critiche rivolte a un quattordicenne diventino di pubblico dominio causando canzonature o persino episodi di bullismo. E, secondariamente, sarebbe meglio evitare di proiettare sulla lavagna i risultati di tutti durante le lezioni. Perché il meccanismo del confronto e della competizione non serve, soprattutto nel caso di adolescenti che già faticano a trovare un punto di equilibrio dell’autostima. Un’accortezza di cui tenere conto, per evitare che uno strumento potenzialmente vantaggioso, si trasformi in un pericolo per la serenità del singolo ma anche del gruppo classe.
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