Il lieto fine, da romanzo, tra Carlo Alberico e Olimpia
Carlo Alberico aveva, dunque, espressamente annunciato le sue intenzioni matrimoniali, che diventano ora centro della documentazione. I due giovani fuggirono da Cremona e approdarono a Roccabianca, residenza di campagna dei Valari, accompagnati dal padre di Olimpia: unico caso, questo, nel quale il Marchese ruba la scena alla moglie. Qui Carlo Alberico e Olimpia celebrarono un matrimonio “a sorpresa” di fronte al parroco del paese. Mi chiedo se Manzoni, quando narrò nei Promessi sposi il tentativo di matrimonio, poi fallito, di Renzo e Lucia, conoscesse la vicenda cremonese che, alcuni decenni prima della stesura del romanzo, aveva fatto tanto scalpore, dal momento che gli elementi di contatto nella successione dei fatti sono davvero impressionanti. Occorre tuttavia ricordare che la clausola del matrimonio a sorpresa, introdotta dal Concilio di Trento, godeva di validità giuridica: essa prevedeva che ministri del matrimonio fossero i due sposi e che al sacerdote spettasse solo una funzione di testimone. Norma non di poco conto, tanto che rimase in vigore fino ai primi anni del Novecento. Ma perché, allora, tanto scandalo per un matrimonio di questo genere, dal momento che la Chiesa stessa aveva previsto questa possibilità? Risposta semplice: perché lo Stato aveva interesse ad appoggiare la condizione di obbedienza e sudditanza dei figli all’autorità paterna, garantendo in tal modo il mantenimento di un ordine costituito che significava poi stabilità sociale. Ancora una volta la documentazione archivistica soccorre per chiarire le idee e puntualizzare lo status quaestionis. Infatti la Relazione giudiziaria del 1760 esprime con chiarezza le ragioni per le quali questo matrimonio non poteva essere considerato clandestino: "Ma poi questo matrimonio non è clandestino a’ termini delle leggi nostre. Due estremi sono necessarii perché il matrimonio possa dirsi tale presso di noi. L’uno che la figlia si mariti senza il consenso de’ propri genitori ed abbia l’età minore diciotto. L’altro che lo sposo manchi egualmente del consenso de’ suoi genitori e conti l’età minore d’anni venti. Nel nostro caso la figlia si marita col consenso de’ suoi genitori; lo sposo è giunto all’età d’anni trentadue. Dunque mancano alla clandestinità gli estremi voluti dalla Legge Provinciale perché abia luogo la pena...."..
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