Per la rubrica "Con la testa tra le nuvole" intervista a Laura Zuccheri

Fumetto oppure bande dessinée? Quale che sia la definizione, le argomentazioni che lei fornirà a riguardo ne denoteranno l’assoluta padronanza della materia. Con occhio attento ed equilibrato, forte oltretutto della produttiva esperienza maturata grazie alla collaborazione con rinomate Case editrici, Laura Zuccheri offre un’interessante (nonché entusiasta) disamina in merito a due universi tanto vicini quanto differenti: l’àmbito fumettistico italiano e quello transalpino, il cui valore artistico è riconosciuto, da lungo tempo, anche ben oltre i confini europei.
Laura, in quale maniera i nostri “cugini” d’Oltralpe intendono il loro rapporto con quella che Hugo Pratt definiva, intelligentemente, “letteratura a disegni”?
«È evidente l’esistenza di una spiccata differenza tra la Francia e il Belpaese: là, infatti, il fumetto è paragonato a un’autentica opera letteraria. Questo fa sì che la considerazione che i transalpini hanno del medium sia più “nobile”, più “alta” rispetto al contesto italiano. È pur vero, tuttavia, che la nostra nazione è, ormai da tempo, protagonista di un radicale cambiamento che sta portando a una svolta che, mi auguro, possa essere definitiva: la nobilitazione di questa forma d’arte, di cui tutti (fra giornalisti, critici di settore ed esponenti della cultura cosiddetta “generalista”) scrivono e parlano con una sempre maggiore passione e con una sempre più palese competenza».
Nelle interviste che lei rilascia, il nome di Giancarlo Berardi viene citato assai di frequente: si ha la netta impressione che il vostro sia un feeling professionale molto intenso. Ci racconti.
«Berardi è uno degli sceneggiatori migliori con i quali mai mi sia capitato di operare: si tratta di un professionista molto serio e rigoroso, che concede tanto di sé ai disegnatori e che da questi ultimi pretende (giustamente) altrettanto...
«È evidente l’esistenza di una spiccata differenza tra la Francia e il Belpaese: là, infatti, il fumetto è paragonato a un’autentica opera letteraria. Questo fa sì che la considerazione che i transalpini hanno del medium sia più “nobile”, più “alta” rispetto al contesto italiano. È pur vero, tuttavia, che la nostra nazione è, ormai da tempo, protagonista di un radicale cambiamento che sta portando a una svolta che, mi auguro, possa essere definitiva: la nobilitazione di questa forma d’arte, di cui tutti (fra giornalisti, critici di settore ed esponenti della cultura cosiddetta “generalista”) scrivono e parlano con una sempre maggiore passione e con una sempre più palese competenza».
Nelle interviste che lei rilascia, il nome di Giancarlo Berardi viene citato assai di frequente: si ha la netta impressione che il vostro sia un feeling professionale molto intenso. Ci racconti.
«Berardi è uno degli sceneggiatori migliori con i quali mai mi sia capitato di operare: si tratta di un professionista molto serio e rigoroso, che concede tanto di sé ai disegnatori e che da questi ultimi pretende (giustamente) altrettanto...
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Fabio Canesi

