"Bembus incipiens, Communitas iussit facere". Così Gian Francesco Bembo fra il 1515 e il 1516 segnala il suo intervento nel complesso ciclo di affreschi della navata centrale della cattedrale. Lo scenario della mangiatoia e la calda atmosfera che si crea nelle raffigurazioni della Natività fa spazio ora nel riquadro dell’Adorazione dei Magi ad una più ricercata composizione architettonica che fa eco alla solennità del momento e alla regalità delle figure dipinte. I pastori sono ormai tornati ai loro campi, l’intimità familiare della grotta si trasforma in un solenne e formale incontro entro un imponente colonnato di gusto classico. Spesso nelle raffigurazioni medievali nemmeno Giuseppe è presente all’arrivo dei Magi, l’attenzione ricade solo su Maria e il Bambino, figure inseparabili dall’infanzia di Gesù fino ai piedi della croce. Bembo, recuperando i canoni classici di questa iconografia e lasciandosi ispirare dai testi dei Padri della Chiesa, ritorna a raffigurare Giuseppe, che posto sullo sfondo, diventa una presenza silenziosa ma necessaria per ricomporre la Sacra Famiglia.
Fra tradizione e innovazione questa scena racconta un episodio descritto in soli dodici versetti del Vangelo di Matteo, ma che trova grande fortuna negli scritti apocrifi e nei sermoni dei Padri della Chiesa, che vedono nei tre Magi il collegamento fra il mondo passato, quello dell’Antico Testamento, il mondo presente, che si riferisce alla figura del Gesù storico, e il mondo futuro, quello che abitano i cristiani di oggi.
La tradizione iconografica di questo soggetto è complessa e in costante evoluzione nel corso dei secoli....
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