Un titolo, quello di oggi, che ha il suono dell’ovvio, dello scontato: ma è proprio solo un’impressione, parole e città è una sintesi provocatoria del senso di complessità del vivere urbano, che “tira in ballo” una quantità di correlazioni, sensazioni, discipline, da far paura. Come in effetti fa paura parlare oggi di urbanistica, del governo del territorio, che sempre di più ha abbandonato il suo sistema di segni tradizionale - il disegno – per adottare quello della semantica, della politica, della dialettica – le parole appunto.
Ed allora andiamo, in modo disordinato ma intuitivo, a vedere quante forme assume questo modo di leggere e scrivere la città, dalle esperienze più minute, piccoli sassolini di quotidiano, ai concetti fondanti di teorie estetiche o di scelte sociologiche, macigni di una storia delle comunità che sempre chi si occupa di governo urbano incontra sul suo cammino e non deve schivare o aggirare. È sempre utile partire dal dizionario per scoprire le estensioni di significato che un termine può avere, anche nella sua storicità. Secondo la Treccani paròla “deriva dal latino tardo parabòla” e “l’evoluzione di significato da «parabola» a «discorso, parola» si ha già nella Vulgata, in quanto le parabole di Gesù sono le parole divine per eccellenza”. È un “complesso di fonemi, cioè di suoni articolati, o anche singolo fonema (e la relativa trascrizione in segni grafici), mediante i quali l’uomo esprime una nozione generica, che si precisa e determina nel contesto di una frase”. Lo si può intendere “con riferimento alla rappresentazione grafica” e “in linguistica, nell’accezione più comune, la minima unità isolabile all’interno della frase e del discorso, formata da uno o più fonemi, e dotata, quanto al significato, di un senso fondamentale (cioè di una sfera semantica in cui essa, isolata, vive nella coscienza linguistica dei parlanti), e di un senso contestuale (ossia il particolare valore che essa assume in un determinato contesto)”.
Appartiene all’evoluzione recente dell’epistemologia urbanistica affrontare e indagare le relazioni complesse, materiali e immateriali, che si sviluppano e si intrecciano nella città moderna: e fioriscono dunque testi, ed iniziative che partendo dalle varie accezioni del temine parola ci insegnano a tenere conto anche dei livelli emozionali e percettivi che sostanziano le forme del vivere nei centri urbani, sensazioni che mutano nella storia, che ci vengono raccontate anche nella letteratura, nella musica, in ogni esperienza estetica da noi raggiungibile, trasversalmente nello spazio e nel tempo. Ed ecco che “Le parole e la città” diviene il titolo di un libro di Nando Cecini....
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